Estremisti ebrei a processeo per l’omicidio di un bambino di 18 mesi dato alle fiamme
Due estremisti ebrei sono stati ufficialmente incriminati per il rogo che il 31 luglio scorso portò alla morte di Ali Saad Daubasha, un bambino di 18 mesi ucciso insieme alla madre e al padre Saad morto nel tentativo di rientrate in casa e salvare il figlio dalle fiamme. L'unico sopravvissuto al rogo è Ahmad, quattro anni, primogenito delle famiglia.
L'incendio – avvenuto a Duma, un villaggio vicino Nablus, in Cisgiordania – sarebbe stato appiccato da due giovani, il ventunenne Amiram Ben Oliel è stato formalmente accusato di omicidio e un altro minorenne la cui identità non è stata resa nota. Secondo quanto riferito dalla radio di Gerusalemme sotto inchiesta ci sarebbero anche tre estremisti resisi colpevoli di vari episodi di violenza, fra cui uno a danno della Chiesa della Dormizione a Gerusalemme. Per ora sono note solo generalità di Yinon Reuveni, in quanto maggiorenne. I tre sono accusati di far parte di un'"organizzazione terroristica razzista e nazionalista".
Nonostante la ferma condanna da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu i fatti di Duma scatenarono un'ondata di proteste e scontri tra israeliani e palestinesi. Il servizio di sicurezza interno a Israele, lo Shin Bet, ha dichiarato che il risultato è stato raggiunto a seguito di un'indagine molto serrata – e a una serie di interrogatori – all'interno dell'estrema destra nazionalista israeliana.
Sul muro dell'abitazione della famiglia palestinese furono ritrovate scritte che ritraevano una grande Stella di Davide e le scritte: "Vendetta" e "Viva il re Messia". All'epoca dei fatti si collegò l'omicidio a una ritorsione a seguito dell'uccisione di un colono israeliano nella zona. I testimoni dichiararono di aver visto quattro persone lanciare molotov verso l'abitazione della famiglia Daubasha.
