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Costretta a pagare 5 mila euro per dimostrare che il marito morto è il padre della figlia

David è stato ucciso in un incidente d’auto in Galles il mese scorso. Poche settimane prima la sua compagna Sarah aveva partorito. Ora l’uomo non può essere aggiunto al certificato di nascita della sua piccola Shenayah, visto che la coppia era celibe e la legge richiede una prova della parentela. Per questo è necessario un test del DNA molto costoso.
A cura di B. C.
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Una mamma in lutto avrà la possibilità di effettuare un test del DNA sul compagno scomparso, così che la sua bambina possa essere ufficialmente riconosciuta come sua figlia. Quel test però avrà un prezzo molto costoso. Sarah Dixon, da Little Hulton, in Regno Unito, ha perso il suo partner David Broome in un incidente d'auto nel Galles del Nord il mese scorso poche settimane dopo che la loro bambina Shenayah venisse alla luce. Poiché la coppia non era sposata, alla donna è stato detto che il nome del marito non poteva essere aggiunto al certificato di nascita del piccolo a meno che non fosse eseguito un test del DNA a pagamento per dimostrare che David era il padre. La legge stabilisce che i genitori non sposati debbano firmare il registro delle nascite insieme o ottenere un ordine del tribunale che prova il fatto che sono entrambi genitori. Sarah dovrà ora pagare la somma di £ 4.000 (oltre 5mila euro) per la prova del DNA che dovrà poi essere analizzato da un tribunale appositamente nominato.

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“Volevamo registrare il certificato di nascita di Shenayah lunedì – spiega Sarah al Daily Mail – ma David è morto il mercoledì della settimana prima. Sono andata al comune di Salford e mi hanno detto ’abbiamo bisogno del padre per registrare la nascita’. Mi hanno spezzato il cuore. Mi hanno detto che non potevano registrare la nascita, perché non eravamo sposati”. La famiglia di David ora ha chiesto dei pezzi dell'unghia del piede dell’uomo e campioni di tessuto da far analizzare al coroner, come prova che il 26 enne era il padre della bimba. A tale scopo è stata lanciata una petizione firmata da più di 1.500 persone: “Siamo stati insieme per tre anni quindi era come fossimo sposati – ha spiegato Sarah – Quello che è successo è come una punizione per il nostro bambino”.

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