Ali Hussain, il ragazzino nel corpo di un uomo di 110 anni (VIDEO)
Ali Hussain è un ragazzino indiano di 14 anni, ma è affetto da una malattia che hanno solo 80 persone in tutto il mondo: la Progeria, che lo fa invecchiare otto volte più velocemente del normale, causandogli le tipiche patologie degli anziani (dall'artrite ai problemi agli occhi, passando per le malattie cardiache e la calvizie); eppure non altera la mente, che resta l'unico vero indicatore dell' età del soggetto. Ali, infatti, è imprigionato nel corpo di un uomo di 110 anni. "Ho voglia di vivere e spero tanto che la fuori ci sia una cura che possa migliorare la mia condizione. Non ho paura della morte, ma i miei genitori hanno già sofferto abbastanza" ha detto Ali "Mi piacerebbe vivere molto più a lungo di loro. Non voglio scaricare altro dolore addosso alla mia famiglia". L'adolescente, infatti, ha già visto due dei suoi fratelli e tre delle sue sorelle morire a causa della stessa malattia.
C'è da dire che i genitori di Ali – Nabi Khan, 50 anni, e Razia, 46 – sono cugini di primo grado e si sono sposati a seguito di un matrimonio combinato 32 anni fa. Vivono nello Bihar, lo stato più povero dell’India. Il padre ha raccontato di aver sentito parlare la prima volta della malattia che affligge i figli nel 1983, con la nascita della primogenita Rehana. Così come lui, anche molti medici. A quel tempo la Progeria era molto rara e scarsamente documentata. “Non avevamo mai sentito la parola Progeria, e neanche i medici. Brancolavano nel buio: erano all’oscuro come noi. Se un dottore ci avesse detto che i nostri bambini forse stavano soffrendo di un qualche tipo di problema genetico, avremmo smesso di avere figli. Ma non ci hanno detto nulla“ ha raccontato l'uomo.
Nel 1995, dopo anni di visite da diversi medici, un consulente a Kolkata ha finalmente diagnosticato la Progeria a quattro dei loro bambini e ha dato ai genitori la notizia devastante che non vi era alcuna cura per loro. “La diagnosi non ci ha aiutato“, aggiunge Nabi. “La gente era sicura che ci fosse una cura. Nessuno nella nostra comunità credeva che non c’era nulla che si potesse fare. Una famiglia che abita vicino a noi, era tormentata per noi perché non sapevano come aiutarci, non riuscivano a capire che potesse esserci una malattia senza cura“.