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Adriano Sofri torna libero o forse lo è sempre stato

Non è stata la grazia, richiesta tante volte da esponenti del mondo politico ed intellettuale, a porre fine alla detenzione di Adriano Sofri: l’ex militante di Lotta Continua è tornato libero dopo aver scontato la pena di 22 anni a cui era stato condannato come mandante dell’omicidio del Commissario Calabresi.
A cura di Nadia Vitali
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Non è stata la grazia, richiesta tante volte da esponenti del mondo politico ed intellettuale a porre fine alla detenzione di Adriano Sofri. L'ex militante di Lotta Continua è tornato libero dopo aver scontato la pena di 22 anni a cui era stato condannato per l'omicidio Calabresi.

Del processo e delle condanne si è scritto e si continuerà a scrivere e parlare; consegnate alla storia, le incongruenze, le discrepanze, quella confessione del «pentito» Leonardo Marino velata da troppe ombre, le richieste di grazia che lo stesso Adriano Sofri non ha mai voluto avanzare perché inadatta a «sanare la posizione personale di un innocente», i movimenti innocentisti e le istanze colpevoliste, tutto verrà giudicato, forse, in futuro da un occhio più obiettivo del nostro.

Quello che resta a noi contemporanei è, soprattutto, la figura che l'ex militante di Lotta Continua è riuscito a dare di sé agli altri nei tempi più recenti, ben al di là di quel tragico evento, la morte del Commissario Calabresi, che segnò una tra le tante pagine drammatiche ed incredibilmente violente della nostra storia nazionale, oltre che i destini di tutte le figure coinvolte nell'omicidio del vice responsabile della squadra politica della questura di Milano. Adriano Sofri ha narrato, condotto analisi sulle vicende più diverse, ha seguito storie, ha espresso opinioni, è rimasto protagonista della cultura e della stampa italiana, una delle voci autorevoli a cui fare riferimento e da cui trarre insegnamento e perchè no, suggestioni e spunti di critica.

Le luci e le zone oscure della sua vita sono andate a far parte di un'esperienza che è difficile dire se abbia realmente condizionato l'intellettuale o se ne sia rimasta del tutto esclusa: il percorso del suo pensiero è sempre stato pulito, qualcuno direbbe che forse Adriano Sofri potrebbe essere stato cambiato dagli eventi, ma si tratterebbe di un azzardo. Chiuso tra le pareti della sua cella nel carcere di Pisa prima, poi in semi libertà per collaborare con la Scuola Normale Superiore di Pisa, infine agli arresti domiciliari a causa di una grave patologia a carico dell'esofago, Adriano Sofri è stato sempre al di fuori dei confini imposti dalla pena che ha scontato per quel delitto rispetto al quale si è sempre dichiarato totalmente estraneo.

Libero, fin da quando è stato condannato: ai limiti dell'orgoglio il suo non chiedere la grazia e non ricorrere in appello dopo la condanna in primo grado ma, tutto sommato, né più e né meno di quello che ci si poteva aspettare dall'intellettuale. La sua vicenda ha i contorni della tragicità, anche quando si accettano le sentenze dei tribunali: non la tragicità dell'innocente ingiustamente accusato e finito dietro le sbarre, strappato ad una vita di virtù e serenità (su questo, come già detto, alla storia, non certo a noi, la facoltà di giudicare), perché lo stesso Sofri non ha mai voluto dare in pasto agli altri questo spettacolo di sé.

Quel che ha di drammaticamente teatrale, e che mutatis mutandis fa tornare alla mente il bianco e nero de L'uomo di Alcatraz, è la statura dell'uomo che, chiuso dalle mura della prigione, non mette mai un freno alla propria attività intellettuale, non indugia sulle troppo facili recriminazioni, cerca di comunicare agli altri opinioni e pensieri scevri da pregiudizi che deriverebbero inevitabilmente dalla sua storia e che potrebbero farne per alcuni un eroe, per altri un criminale; oltre all'idea che, qualunque cosa accada, nella vita c'è sempre un dopo, un'altra pagina bianca su cui ricominciare a stendere parole totalmente nuove. I suoi scritti sul terribile conflitto che ha insanguinato i territori della ex Jugoslavia, sull'assedio di Sarajevo, sul massacro di Srebrenica sono solo una piccolissima parte del suo impegno, portato sempre avanti con l'energia e la dignità di uomo libero. I temi che maggiormente interessavano il dibattito in Italia hanno costantemente atteso una sua parola, indispensabile per suggerire un punto di osservazione nuovo da cui guardare alle cose, sempre equilibrato, mai troppo infiammato ma neanche indulgente o clemente.

Libero lo è sempre stato, anche se ufficialmente la sua pena è finita solo sabato; in effetti, il termine per la liberazione era previsto per febbraio ma Sofri ha scelto di avvalersi di uno sconto di 45 giorni maturato per buona condotta. Come ha speso Adriano Sofri il suo primo lunedì da neo cittadino libero? Da reporter. Si è recato sul luogo della tragedia che sta sconvolgendo l'Italia in questi giorni, all'isola del Giglio scrivendo come gli abitanti abbiano vissuto e stiano vivendo le ore inquiete e frenetiche seguite all'incidente della Costa Concordia. Il suo avvocato ha sottolineato di non essere mai stato «convinto della sua responsabilità» ma che, ciononostante, sollecita uno stop definitivo ad ogni polemica: è arrivato il fine pena, dopo più di vent'anni, ora è libero, qualunque giudizio è superfluo ed inappropriato.

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