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Siria: decine di morti nelle proteste contro Assad, l’Unione Europea pensa a nuove sanzioni internazionali

Ventuno morti nelle proteste contro il regime di Bashar al Assad in Siria dopo il venerdì di preghiera. L’Unione Europea decide di applicare sanzioni al paese, ma la Nato non si dice disposta ad intervenire per fermare il massacro dei civili inermi.
A cura di Alessio Viscardi
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A picture taken from the Syrian side sho

Continuano le sanguinose proteste contro il regime di Basha al Assad in Siria. Un venerdì di proteste represse con spari ad altezza d'uomo, in un paese dove i giornalisti sono banditi e da cui arrivano soltanto immagini tramite Internet e Social Network. L'Unione Europea studia nuove sanzioni contro il regime siriano, ma il segretario generale dell'Alleanza, Anders Fogh Rasmussen, afferma con chiarezza: “La Nato non ha alcuna intenzione di intervenire in Siria”. Secondo il segretario, la situazione in Siria è molto differente da quella in Libia perché ogni azione della Nato è su mandato Onu, che sul paese di Assad non ha ancora espresso alcuna posizione ufficiale.

Sanzioni economiche, embarghi e stop all'import/export dal paese sono al vaglio dell'Unione Europea, in protesta alla violenza con cui Assad sta reprimendo le manifestazioni di piazza. Soltanto oggi sarebbero decine i morti nei moti rivoluzionari nati spontaneamente dopo la preghiera del venerdì mussulmano. Lunedì il consiglio dei ministri Esteri europei si riunirà per prendere una decisione definitiva sulla questione.

L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati rendono noti dati drammatici: 4 mila persone sarebbero fuggite dalla città dove più violenta è la repressione del regime di Assad in Siria. Gran parte sono nel nord del Libano, soprattutto donne e bambini. Un vero massacro di cittadini inermi è in corso è in corso nella zona di Tall Kalakh, uno dei confini più perlustrato dalle forze dell'esercito che uccidono senza pietà chiunque tenti di uscire dal paese.

È il decimo venerdì di protesta in Siria, ma dopo due mesi il regime non cede. I dimostranti chiedono riforme ed elezioni democratiche. 21 sono i morti delle violenze, tra cui un bambino di soli sette anni. Il bilancio è provvisorio.

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