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Sinodo per la famiglia in Vaticano, netta chiusura alle unioni gay ed ai divorziati

Resa nota la traccia di lavoro sulla quale discuteranno ad ottobre cardinali e vescovi provenienti da tutto il mondo: comunione a chi è impegnato in una nuova unione solo se vive castamente, no assoluto ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.
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Sinodo straordinario per la famiglia in Vaticano, capitolo secondo. Dopo gli scontri tra cardinali e vescovi sui temi della comunione ai divorziati e dell’apertura agli omosessuali del 2014, dal 4 al 25 ottobre 2015 i padri sinodali provenienti da tutto il mondo torneranno a riunirsi per discutere di famiglia a trecentosessanta gradi. Lo scorso anno finì con papa Francesco che pretese l’inserimento nel documento finale di alcuni articoli più controversi che non avevano ottenuto la maggioranza assoluta e con strascichi polemici contro il teorico del sì ai divorziati risposati, il cardinale Walter Kasper, e contro il vescovo di Chieti, il teologo Bruno Forte, che aveva “stravolto” i lavori assembleari presentando un documento di metà sinodo distante da quello che era effettivamente venuto fuori dai lavori.

Dieci mesi dopo, molto sembra essere cambiato. Nelle scorse settimane il cardinale Kasper si è affrettato, dopo innumerevoli sollecitazioni, a chiarire che il pontefice non condivide necessariamente le sue idee; papa Francesco, d’altra parte, ha intensificato i suoi discorsi a favore della famiglia, utilizzando sempre più temi e linguaggi propri della tradizione della Chiesa. Il sinodo lavorerà partendo dall’Instrument Laboris, cioè una “traccia di lavoro” presentata alla stampa nelle scorse ore.

Rispetto al tema dei divorziati risposati, obiettivo sarà trovare il modo per far comprendere a queste persone che non sono escluse dalla comunità ecclesiale e per sostenerle in un percorso di fede, riuscendo a “cogliere nel concreto la diversità delle singole situazioni” tramite un “discernimento prudente e misericordioso.” L’idea che sarà discussa ad ottobre è quella di promuovere in tutte le diocesi percorsi di “coinvolgimento progressivo per le persone conviventi o unite civilmente” formando in maniera migliore i sacerdoti, che spesso non sono preparati ad affrontare queste situazioni. “C’è un comune accordo sull’ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto l’autorità del vescovo, per i fedeli divorziati risposati civilmente che si trovano in situazione di convivenza irreversibile” spiega il testo, che suggerisce l’istituzione di “un percorso di presa di coscienza del fallimento e delle ferite da esso prodotte, con pentimento, verifica dell’eventuale nullità del matrimonio, impegno alla comunione spirituale e decisione di vivere in continenza”. Le parole sono chiare come il sole: il sinodo dovrebbe, dunque, approvare, una pratica che è già esistente: se due coniugi divorziati e risposati civilmente non hanno rapporti sessuali e vivono come fratello e sorella possono accostarsi alla comunione, altrimenti i sacerdoti non possono assolvere dal peccato.

Rispetto all’annullamento dei matrimoni viene rimarcato l’ampio consenso tra i padri sinodali per abbassare il costo delle procedure, rendendole magari gratuite, garantendo “servizi di informazione, consulenza e mediazione collegati alla pastorale familiare, specialmente a disposizione di persone separate o di coppie in crisi”.

Nettissima chiusura, invece, rispetto al tema dei matrimoni gay: “Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia” anche se viene chiarito che “ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società”. L’Instrumentum Laboris poi va giù duro contro una pratica in voga negli ultimi anni: “È del tutto inaccettabile che i pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscono il ‘matrimonio fra persone dello stesso sesso’”. Il testo parla anche di adozione ed affido “partendo dalla “necessità di affermare che l’educazione di un figlio deve basarsi sulla differenza sessuale, così come la procreazione” in quanto hanno “fondamento nell’amore coniugale tra un uomo e una donna, base indispensabile per la formazione integrale del bambino”. Uomini e donne, non uomini e uomini o donne e donne: “la differenza tra uomo e donna non è per la contrapposizione, o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, sempre a immagine e somiglianza di Dio”. Nel “disegno creativo”, c’è la “complementarietà del carattere unitivo del matrimonio con quello procreativo, nell’ottica della procreazione responsabile e dell’impegno a prendersi cura progettualmente dei figli con fedeltà.”

Nell’Instrumentum laboris è stato inserito un paragrafo in cui ci si auspica un maggior ruolo per la donna nella Chiesa anche attraverso “una maggiore valorizzazione della loro responsabilità nella Chiesa: il loro intervento nei processi decisionali; la loro partecipazione, non solo formale, al governo di alcune istituzioni; il loro coinvolgimento nella formazione dei ministri ordinati”. Vengono poi attaccati il “desiderio del figlio a ogni costo”, che di fatto “ha aggravato la diseguaglianza fra donne e uomini”, lo sfruttamento, la violenza esercitati sul corpo delle donne, nello specifico, gli aborti, le sterilizzazioni forzate, l’utero in affitto e il mercato dei gameti embrionali.

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