Sinodo chiuso, vescovi spaccati, papa Francesco scontento: è lui lo sconfitto?
Il sinodo straordinario sulla famiglia si è concluso con una spaccatura evidente tra vescovi progressisti e tradizionalisti. Il lungo documento finale è assolutamente in linea con il Magistero della Chiesa cattolica, mentre i punti più controversi, sulla comunione ai divorziati risposati e sull’accoglienza delle persone omosessuali, non ce l’hanno fatta ad ottenere la maggioranza dei due terzi dei voti dei padri sinodali. Papa Francesco ha, comunque, deciso d’imperio che quei punti fossero comunque inseriti nella relazione finale, che nel prossimo anno dovrà essere discussa in tutte le diocesi del mondo in vista di un nuovo sinodo sulla famiglia, che si terrà esattamente tra dodici mesi. Si tratta di una parte del testo che sarebbe dovuta finire nel dimenticatoio e che, invece, diventerà oggetto di discussione nei cinque continenti: probabilmente il Papa conta che la base cattolica aiuti i propri pastori ad esprimersi nel modo migliore su questioni così dirompenti.
Tra un anno, ancora una volta, questi stessi temi saranno affrontati dai vescovi ed allora una decisione dovrà essere presa. E’ possibile che il Papa, alla fine, imponga il suo volere, proprio come Paolo VI, appena beatificato da Bergoglio, impose il suo pensiero su aborto e contraccezione nella enciclica Humanae Vitae, che spaccò in due l’episcopato perché ritenuta troppo rigida. Allo stesso modo potrebbe essere proprio Bergoglio a decidere quali saranno, in futuro, le posizioni della Chiesa, al di là del volere dei padri sinodali ed in totale autonomia. Nel suo discorso che ha concluso il sinodo, infatti, il pontefice ci ha tenuto a rimarcare che il codice di diritto canonico afferma che il Papa è “pastore e dottore supremo di tutti i fedeli” con “potestà che è suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa”.
Papa Francesco, in realtà, sembra essere il vero sconfitto del sinodo. Certo, non ha mai chiarito quali fossero le sue personali opinioni sui temi più scottanti, ma non ha neppure mai smentito il cardinale Walter Kasper, il più fiero propagatore della tesi per cui è necessario ammettere il prima possibile i divorziati risposati alla comunione. Kasper, in più di una occasione, ha fatto intendere di avere il totale sostegno del pontefice e lo ha gridato ai quattro venti soprattutto mentre si faceva più pressante la contrarietà alle sue proposte da parte di altri importanti cardinali e vescovi. Il Papa, inoltre, aveva deciso di inserire solo vescovi “progressisti” nella commissione che ha poi redatto il documento di metà lavori, rigettato dalla maggior parte dei padri sinodali perché considerato non fedele alle posizioni espresse nel corso delle riunioni, e quasi completamente riscritto nella relazione finale.
Il risultato finale è un documento generico e fumoso, che proprio nelle parti più “innovative” non ha ottenuto la maggioranza dei due terzi dei voti. Tre paragrafi, infatti, hanno ottenuto più del 50% dei consensi, ma meno del 66%, segno, comunque, che c’è una frattura nella Chiesa. Il primo dei paragrafi “spinosi” è quello sulla comunione ai divorziati risposati. Contrariamente al documento di metà mandato, la relazione finale riporta entrambe le posizioni, sia quella favorevole sia quella contraria, ma chiarisce che “va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali»” In un altro punto controverso, alcuni padri sinodali si sono chiesti perché non consentire a queste persone di accedere alla comunione eucaristica se già possono accedere a quella spirituale. Anche su questo, il sinodo ha deciso che è necessario un approfondimento.
Rispetto ai gay, nessuna svolta, come invece molti media internazionali avevano sbandierato pochi giorni fa, anzi. I padri sinodali confermano completamente la dottrina della Chiesa: “alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. – è scritto nella relazione – Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia».” Si tratta di un testo nettissimo: nessuno ha proposto un’apertura ai matrimoni gay e c’è addirittura chi non vorrebbe rivolgere agli omosessuali alcuna apertura pastorale, in quanto i rapporti sessuali tra di loro continueranno anche in futuro ad essere considerati “intrinsecamente disordinati” e “contro natura”.