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Opinioni

Sette cose da sapere sull’immunità parlamentare (e stavolta Renzi non c’entra)

Polemiche a non finire per la reintroduzione dell’immunità per i senatori nella riforma Boschi – Renzi. Ma di che stiamo parlando, in realtà?
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Con il voto in Commissione Affari Costituzionali torna l'immunità per i membri del Senato nella riforma proposta dal presidente del Consiglio Matteo Renzi e dal ministro per le Riforme Maria Elena Boschi: è questo indubitabilmente il fatto politico del giorno, ovviamente salutato fra polemiche e prese di posizione al vetriolo. Una polemica peraltro legittima considerando il modo in cui si è giunti a tale decisione e, soprattutto, il clima nel quale il ddl costituzionale arriva nell'Aula del senato. Ma, per farla breve, di cosa stiamo parlando?

Che cos'è l'immunità parlamentare

Lo strumento dell'immunità parlamentare è regolato dall'articolo 68 della Costituzione italiana, che recita:

I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.

Come spiega il professor Musacchio, nella sua prima formulazione tale norma intendeva "tutelare, dal punto di vista della separazione dei poteri, l'indipendenza del Parlamento e dei singoli deputati, garantendo a costoro la possibilità di evitare di subire procedimenti dal carattere obiettivamente persecutorio". Con la legge costituzionale del 23 ottobre 1993, però, si è inteso (a seguito delle note vicende legate alle inchieste giudiziarie sulla corruzione politica) abrogare l'istituto dell'autorizzazione a procedere in giudizio. Successivamente, anche la Corte Costituzionale è intervenuta in materia, affermando tra l'altro che "la competenza a pronunziarsi sull'insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai membri del Parlamento spetta alla Camera di appartenenza del soggetto: ciò giacché le immunità parlamentari, per loro stessa natura, implicano necessariamente un potere da parte dell'organo a tutela del quale sono disposte".

Quali sono i limiti dell'immunità parlamentare

Dopo la riforma del 1993 è più chiaro il quadro dei limiti e degli "scudi" di cui godono i parlamentari. Attualmente non c'è bisogno di alcun tipo di autorizzazione per sottoporre ad indagini i membri delle Camere o per arrestarli nel caso di sentenza definitiva di condanna o in flagranza di un reato per cui è previsto l'arresto; mentre senza autorizzazione non si può perquisire o arrestare un parlamentare per le altre tipologie di reato (discorso identico per quel che concerne l'utilizzo delle intercettazioni telefoniche). L'immunità è poi legata alla carica e cessa al termine del mandato, mentre resta l'insindacabilità per le dichiarazioni e gli atti resi nell'esercizio delle funzioni (ammesso che esista nesso funzionale).

Il ruolo delle Giunte per le autorizzazioni a procedere

Ma quindi, come funziona? A pronunciarsi in prima istanza sulle richieste della magistratura sono le giunte per l'immunità di Camera e Senato (a Montecitorio è la Giunta per le autorizzazioni, mentre a Palazzo Madama quella delle elezioni e per le immunità), che esaminano "le richieste di sottoporre a processo penale deputati e senatori o quelle relative ad altre limitazioni della libertà personale o domiciliare", nonché "le questioni relative all'insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai deputati". Dopo l'eventuale audizione del parlamentare, la Giunta formula, con relazione, proposta di concessione o di diniego dell'autorizzazione; quando la giunta autorizza e non arrivano proposte diverse, l'assemblea non procede a votazioni, approvando le conclusioni della giunta". Va però specificato che l'Assemblea è sempre chiamata a deliberare sulle richieste di autorizzazione relative a procedimenti comunque coercitivi della libertà personale o domiciliare. In questo caso, appare prassi consolidata, che il voto finale della camera di riferimento arrivi sempre a scrutinio segreto. Sia la Giunta che l'Aula valutano se la richiesta della magistratura sia legittima o se sussista il cosiddetto "fumus persecutionis", ovvero l'intento persecutorio da parte della magistratura.

Chi ha voluto la reintroduzione dell’immunità parlamentare per i senatori?

Ecco, a leggere le cronache, sembrava che la risposta fosse “nessuno”: non la voleva il Governo, non la volevano i partiti e non la volevano i cittadini. In Commissione invece è passata con il voto favorevole della maggioranza di Governo, di Forza Italia (tranne Minzolini) e della Lega Nord, su proposta dei relatori Finocchiaro e Calderoli; il ministro Boschi ne ha preso atto, provando a derubricarla come questione minore. Vedremo ora in Aula se reggerà un fronte così ampio.

Ma davvero Renzi non la voleva e ha cambiato idea?

Non proprio. Diciamo che la polemica su tale questione nasce da una evidente forzatura del Fatto, che scrive: "Era il 22 febbraio 2011 e l’allora primo cittadino più in vista d’Italia era ospite della trasmissione Otto e Mezzo, su La7. Interrogato sulla possibilità di reintrodurre l’”immunità parlamentare”, ovvero ripristinare l’autorizzazione a procedere abrogata nell’ottobre 1993 in piena tempesta Tangentopoli e quindi aumentare le garanzie per i membri del Parlamento, Renzi rispondeva secco: “No, oggi mi sembra più o meno una barzelletta. Sono contrario”. Ovviamente Renzi si riferiva all'autorizzazione a procedere, "abolita" nel 1993 (non si capirebbe tra l'altro quel "reintrodurre"), non all'attuale formulazione dell'immunità. È vero però che il Presidente del Consiglio è da sempre perplesso sullo strumento dell'immunità, che infatti non compariva nel testo che porta la sua firma. Dargli la responsabilità del voto in Commissione è francamente eccessivo.

C'è l'immunità parlamentare negli altri Paesi Europei?

In poche parole: sì, c'è sempre una qualche forma di tutela per i membri del Parlamento (qui una ottima scheda).

È giusto che consiglieri regionali, Governatori e Sindaci abbiano l'immunità?

È questo uno degli aspetti più controversi dell'emendamento approvato, che sembra peraltro poter essere oggetto di rilievi di costituzionalità. Il punto è che grazie a questa norma per alcuni amministratori locali (Sindaci e consiglieri regionali) bisognerà ottenere l’autorizzazione a procedere, per gli altri no: ed è chiaro che se si "slega" la questione dell'elettività potrebbero sorgere problemi di iniquità costituzionale. Insomma, i dubbi restano. Come l'immunità per i senatori, appunto.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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