L'accordo patrimoniale tra i coniugi in sede di separazione o divorzio
E’ consolidato l’orientamento secondo cui la separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente
- un contenuto essenziale (il consenso reciproco a vivere separati, l'affidamento dei figli, l'assegno di mantenimento e l'assegnazione della casa familiare, ove ne ricorrano i presupposti)
- ed un contenuto eventuale (costituito da accordi patrimoniali del tutto autonomi che i coniugi concludono in relazione all'instaurazione di un regime di vita separata, come, ad esempio, il riconoscimento della comproprietà della casa familiare e l'attribuzione di un diritto d'uso in favore del figlio).
Il contenuto di questi accordi riguarda sia la separazione, sia aspetti patrimoniali della separazione. La complessità degli accordi di separazione incide sulla loro classificazione (natura giuridica) e sull'iter da seguire per la loro modifica.
La classificazione onerosa o gratuita degli accordi patrimoniali tra i coniugi in sede di separazione o divorzio
Gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell'uno nei confronti dell'altro e concernenti beni mobili o immobili, non risultano collegati necessariamente alla presenza di uno specifico corrispettivo o di uno specifico riferimento ai tratti propri della "donazione", e rispondono, di norma, ad un più specifico e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell'evento di "separazione consensuale" , il quale, sfuggendo – in quanto tale – da un lato alle connotazioni classiche dell'atto di "donazione" vero e proprio (tipicamente estraneo, di per sé, ad un contesto – quello della separazione personale – caratterizzato proprio dalla dissoluzione delle ragioni dell'affettività), e dall'altro a quello di un atto di vendita (attesa oltretutto l'assenza di un prezzo corrisposto), svela, di norma, una sua "tipicità" propria la quale poi, volta a volta, può colorarsi dei tratti dell'obiettiva onerosità piuttosto che di quelli della "gratuità", in ragione dell'eventuale ricorrenza – o meno – nel concreto, dei connotati di una sistemazione "solutorio compensativa" più ampia e complessiva, di tutta quell'ampia serie di possibili rapporti (anche del tutto frammentari) aventi significati (o eventualmente solo riflessi) patrimoniali maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale. (Sez. 3, Sentenza n. 5473 del 14/03/2006, Rv. 589660 – 01).
Modifica degli accordi patrimoniali tra i coniugi in sede di separazione o divorzio
Solo il contenuto essenziale degli accordi tra i coniugi può essere oggetto di modifica seguendo l'iter processuale predisposto dall'art. 710 cpc, al contrario il contenuto eventuale deli accordi di separazione non è suscettibile di modifica in sede di ricorso ad hoc ex art. 710 c.p.c., potendo la modifica ex art. 710 cpc riguardare solo le clausole aventi causa nella separazione personale, ma non i patti autonomi (patrimoniali), che regolano i reciproci rapporti ai sensi dell'art. 1372 c.c., le quali, quindi, per essere modificato richiedono il consenso di entrambi i coniugi. Ad, esempio, la domanda di divisione dell'immobile rimasto in comproprietà anche dopo al separazione e costituente l'abitazione familiare dei coniugi, concessa in godimento alla prole per patto intercorso in sede di separazione consensuale, va proposta nelle forme ordinarie del giudizio di scioglimento della comunione, e non secondo la disciplina dell'art. 710 c.p.c., considerato che detta domanda attiene al regime della proprietà e non presenta dirette connessioni od interferenze sulle condizioni della separazione (Cass. civ. sez. II del 26 luglio 2018 n. 19847).
La revocatoria ordinaria ex art. 2901 cc
Il legislatore a tutela del creditore ha previsto che il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti (onerosi o gratuiti) di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni (azione revocatoria ex art. 2901 cc).
Il patrimonio del debitore costituisce la prima garanzia dei suoi creditori. A costoro, con l'azione revocatoria (prevista dall'art. 2901 c.c.), è offerto uno strumento di reintegrazione di detta garanzia: se il debitore compie un qualche atto di disposizione del suo patrimonio, a titolo gratuito o a titolo oneroso, che rechi pregiudizio alle ragioni del creditore, questi può chiedere al giudice di merito che l'atto di disposizione a lui pregiudizievole sia dichiarato inefficace nei suoi confronti. Cass. civ. sez. III del 4 aprile 2019 n. 9333
La conseguenza è che il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia dell'atto (che è inefficacia relativa, operante soltanto a favore di colui che ha agito per ottenerla), potrà soddisfarsi sul bene che ne aveva formato oggetto, come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore. Cass. civ. sez. III del 4 aprile 2019 n. 9333
Il creditore, per ottenere la revocatoria dell'atto, deve provare:
- – il pregiudizio che l'atto di disposizione, compiuto dal debitore, ha arrecato alle sue ragioni (il c.d. eventus damni, che costituisce un fatto oggettivo); in altri termini, il creditore deve provare che il patrimonio del debitore, a seguito dell'atto di disposizione di cui chiede la revoca, è divenuto insufficiente a soddisfare il suo credito; Cass. civ. sez. III del 4 aprile 2019 n. 9333
- – la conoscenza di detto pregiudizio (c.d. scientia fraudis, che costituisce fatto soggettivo), nel caso in cui l'atto di disposizione sia a titolo gratuito, da parte del solo debitore, e, nel caso in cui l'atto di disposizione sia a titolo oneroso, anche da parte del terzo acquirente; in altri termini il creditore deve provare che il terzo sapeva che il suo dante causa aveva debiti e che il restante patrimonio del suo dante causa era insufficiente a soddisfarli; Cass. civ. sez. III del 4 aprile 2019 n. 9333
- – nel caso in cui l'atto di disposizione del quale si chiede la revoca sia anteriore al sorgere del credito, la dolosa preordinazione (c.d. consilium fraudis, che costituisce altro fatto soggettivo), nel caso in cui l'atto di disposizione sia a titolo gratuito, da parte del solo debitore, e, nel caso in cui l'atto di disposizione sia a titolo oneroso, anche da parte del terzo acquirente; in altri termini il creditore deve provare che il debitore aveva compiuto l'atto di disposizione con la precisa intenzione di non soddisfare il credito che avrebbe successivamente assunto e che questa intenzione fosse nota al suo acquirente.Cass. civ. sez. III del 4 aprile 2019 n. 9333
La revocatoria ordinaria ex art. 2901 cc e gli atti aventi un carattere morale o di mantenimento o di sistemazione dei rapporti patrimoniali dei coniugi
Occorre chiedersi se la revocatoria ordinaria ex art. 2901 cc si applica anche agli atti che hanno carattere morale o di mantenimento o di sistemazione dei rapporti tra i coniugi.
Se l'atto è un atto patrimoniale che incide sul patrimonio del debitore può essere oggetto di revocatoria (quindi possono essere oggetto di revocatoria anche gli accordi assunti in sede di separazione tra i coniugi quando sussistono i presupposti), poichè, una volta che l'atto incide sul patrimonio del debitore e una volta che l'atto rientra nell'ambito oneroso o gratuito è irrilevante il motivo ulteriore per il quale viene l'atto di disposizione viene compiuto (morale, mantenimento o sistemazione dei rapporti tra i coniugi).
L'art. 2901 c.c. tutela il creditore rispetto agli atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, senza alcun discrimine, circa lo "scopo" ulteriore, avuto di mira dal debitore nel porre in essere l'atto dispositivo. Ne deriva, pertanto, che è incontroverso che sono soggetti alla azione revocatoria – in presenza delle condizioni di cui all'art. 2901 c.c. – anche gli atti aventi un profondo valore etico e morale come quello con cui il debitore, per adempiere il proprio obbligo di mantenimento nei confronti dei figli e del coniuge, abbia trasferito a quest'ultimo, a seguito della separazione, la proprietà di un bene.
Cass., civ. sez. III, del 21 agosto 2018, n. 20845