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Se il PD rinuncia alla piazza per paura dei No Tav…

Il PD ha deciso di non partecipare alla mobilitazione della FIOM del 9 marzo a causa dell’appoggio sostanziale del sindacato dei metalmeccanici al movimento No Tav, “che stride con l’orientamento maggioritario dei democratici”. Un errore clamoroso, l’ennesimo.
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NoTav-Pd-Fiom

Vediamo di ricapitolare nella maniera più breve possibile. La Fiom indice una manifestazione contro la precarietà per il 9 marzo. Il movimento No Tav manifesta la propria adesione alla piattaforma del sindacato dei metalmeccanici che, a sua volta, ribadisce la vicinanza a chi "lotta per difendere la Val di Susa". Il Partito Democratico, pur considerando la manifestazione di venerdì "non espressamente contro il Governo" e pur condividendo (per larga parte) "le basi sostanziali della protesta dei metalmeccanici", dunque opta per un boicottaggio tout court della mobilitazione, giudicandola "tutto considerato" incompatibile con l'appoggio al Governo Monti. Tutto chiaro? Forse, perchè ripercorrendo la "storia" degli ultimi giorni sono molte le incongruenze e le stranezze di una vicenda che il responsabile economico dei Democratici Stefano Fassina ha probabilmente gestito nel peggiore dei modi, finendo con lo scontentare un po' tutti.

I "montiani" e l'assillo della responsabilità – Se negli ultimi mesi Fassina era diventato un punto di riferimento per quanti, pur riconoscendo la necessità di una "tregua politica", si erano mostrati insofferenti alla linea dell'appoggio condizionato (?) al Governo Monti, allo stesso tempo si era attirato le critiche e i tentativi di delegittimazione da parte dell'area moderata – liberale del Partito Democratico. Una guerra fredda fra le varie anime democrats semplicemente ignorata dal segretario Bersani, al di là delle "rassicurazioni" e della rinnovata fiducia espressa dagli organismi dirigenti a Fassina (ma non solo). E non sembri azzardato pensare che il compromesso al ribasso sulla questione Fiom sia l'ultimo risultato di una lotta intestina che rischia di paralizzare il partito nel momento più delicato (almeno dal punto di vista politico). Un compromesso che del resto non accontenta nemmeno i montiani della prima ora, dal momento che alla decisione di non partecipare alla manifestazione non si aggiunge la tanto agognata "presa di distanza" dalle rivendicazione radicali del "gruppo di Landini" né men che mai una "apertura sostanziale" sui temi della riforma del lavoro, articolo 18 in testa.

Contro i No Tav senza se e senza ma – Ecco, che ci fosse la necessità di un'uscita così teatrale per giustificare la mancata partecipazione alla manifestazione della Fiom è tutto fuori che scontato. E del resto la linea della responsabilità e della ragionevolezza scelta da Bersani sulla questione Tav (e ribadita con determinazione e coraggio in una infuocata puntata di Servizio Pubblico) sembrava aver restituito un certo equilibrio al partito. Si trattava, in buona sostanza, di esprimere un parere positivo sul progetto Tav, basato sulle stesse motivazioni di carattere tecnico – economico alla base della "conferma" montiana, depurando il dibattito da ogni prospettiva "ideologica" e manifestando rispetto per la protesta della popolazione della Val di Susa (purchè pacifica e libera eccetera). Una linea che, sia detto per inciso, sembrava poter reggere anche di fronte ad obiezioni sostanziali, soprattutto perchè basata su un ragionamento abbastanza semplice e tutto sommato condivisibile anche da coloro che (come chi scrive…) sono contrari ai lavori per l'Alta Velocità in quanto costosi, inutili ed estremamente invasivi. In pratica si tratta di affermare due concetti cardine della nostra società: in una democrazia rappresentativa alla politica spetta l'onere della decisione (chiaramente consultando i cittadini, come nel caso specifico è richiesto anche dalla Comunità Europea) e allo Stato il "monopolio della forza" (e su questo punto il discorso rischierebbe di farsi lungo e complesso). Dunque, tornando alla radice, proprio non si capisce la necessità di stravolgere una tale piattaforma politica con una forzatura che riporta il terreno dello scontro sul piano prettamente ideologico, allargando la portata di rivendicazioni concrete al campo della "contestazione di sistema". Per non parlare di quello che Civati chiama "politicismo alla Ecce Bombo, come se andare alla manifestazione della Fiom trasformasse in metalmeccanici i dirigenti politici. E costringesse il Pd a chissà quale ruolo di minoranza": un'abitudine consolidata, che non tiene conto del "bisogno di attenzione ed ascolto di tanta parte di società italiana". E non andare ad una manifestazione che affronta i temi del lavoro e della precarietà per un pregiudizio ideologico (per di più su un treno, verrebbe da banalizzare…) è un errore di cui il Partito rischia di pagare a lungo le conseguenze.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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