Sarah Scazzi, Sabrina sa cosa rischia e al processo non vuole fotografi
Inizierà domani 10 gennaio il processo relativo all’omicidio di Sarah Scazzi avvenuto il 26 agosto del 2010 e per il quale restano alla sbarra nove persone. Due di loro, le responsabili materiali dell’omicidio secondo l’accusa, restano in carcere e da lì continuano a proclamare la loro innocenza. Sono la cugina e la zia della piccola Sarah, Sabrina Misseri e Cosima Serrano. Lo zio Michele, invece, da mesi è stato scarcerato perché si immagina possa aver avuto un ruolo solo ad omicidio compiuto (è accusato di soppressione di cadavere) nonostante, a differenza degli altri membri della sua famiglia, continui a sostenere la sua colpevolezza. Lui, insieme alla moglie, alla figlia, al fratello Carmine e al nipote Cosimo avrebbe infilato il corpo di Sarah nel pozzo dove è stata ritrovata dopo 42 giorni dal delitto.
Le innumerevoli confessioni di Michele Misseri non interessano più al sostituto procuratore Mariano Buccolieri, il titolare dell’indagine che ha deciso di non ascoltare cosa avrà da dire lo zio che invece sarà il primo teste che la difesa delle due donne vorrà sentire. Inoltre sono circa trecento i testi che accusa e difesa chiedono siano ascoltati.
Sabrina Misseri, che sa di rischiare l’ergastolo, non vuole fotografie e riprese
Sabrina Misseri intanto dal carcere fa sapere che non vuole microfoni e telecamere domani nell’aula Alessandrini: “Non farò la tigre in gabbia, quelli se lo possono scordare”, il chiaro riferimento ai fotografi al lavoro per rubare una sua espressione. Chiede al suo avvocato Nicola Marseglia di battersi affinché la sua privacy venga tutelata e per evitare che domani anche una sola immagine esca dall’Aula del Tribunale di Taranto.
Inoltre, anche se visibilmente spaventata, fa sapere che combatterà fino alla fine perché non è un’assassina e perché, dice, Sarah per lei era una sorella.
Lo so che diranno cose orribili di me, e magari mi condanneranno all’ergastolo. Ma io sono innocente e non ho intenzione di mollare.
In riferimento alle trecento persone che, se ammesse, sfileranno davanti alla corte, Sabrina dice:
Voglio guardarli negli occhi ad uno ad uno quando racconteranno bugie. Voglio prendere nota di ogni dettaglio, voglio fare l’elenco di tutte le assurdità di questa storia.
È combattiva come sua madre Cosima, chiede al suo avvocato un codice penale e le carte del processo per capire al meglio cosa le potrà accadere ma sa che nemmeno le testimonianze del padre che la scagionano dal terribile delitto potranno servire per convincere tutti della sua innocenza.