Spegnete per un secondo le fiction mafiose e antimafiose in televisione, chiudete i romanzi "sentimentali" scritti sull'orrore mafioso e dimenticate i discorsi pomposi delle commemorazioni: c'è un paese in Calabria, San Luca, tristemente noto per le vicende criminali che da qui hanno fatto il giro d'Europa dove la ‘Ndrangheta è il filo sottile che lega i cognomi delle famiglie più note. E qui, a San Luca, alle prossime elezioni non si è candidato nessuno. Nessuno.
Sembra passato un secolo da quando il "sindaco antimafia" Sebastiano Giorgi nel 2011 si lanciava in spericolate iperboli legalitarie insieme all'allora sottosegretario Francesco Nitto Palma in occasione dell'inaugurazione della nuova caserma dei carabinieri: pochi mesi dopo il sindaco venne arrestato per 416 vis e voto di scambio. Anche allora le lezioni risultarono impossibili da organizzare: a San Luca, la faccia per la democrazia non ce la vuole mettere nessuno. E così passano due anni prima dell'invio da parte del Ministero dell'Interno del commissario prefettizio Salvo Gullì che qui in Calabria è conosciuto per il polso con cui ha "traghettato" altre città difficili come Lamezia Terme o Seminara (dove il clan Santaiti arrivò ad incendiare il palazzo comunale con un'azione più da inferno del narcotraffico che da Paese civile, anche se se ne parlò pochissimo) fino all'Azienda Sanitaria Calabrese. Gullì è uno di quei funzionari di Stato che alle minacce e alle intimidazioni ha fatto il callo e così, forte di un'autonomia da "papa straniero", in questi anni ha provato a mettere le carte e i conti apposto: abbassa i costi dell'amministrazione, rimette in piedi la questione idrica e rinegozia i debiti del comune, ripulisce le strade, regolarizza le utenze e i contatori, rilancia il turismo e in 21 giorni rimette a posto lo stadio cittadino che viene riconsegnato alla presenza del Presidente del CSM e della sottosegretaria Maria Elena Boschi davanti a duemila persone. Un successo insomma.
Per questo a quasi tutt, lì a San Luca, è parsa un'ottima idea quello di farsi commissariare ancora un po', chiedendo al Ministro Minniti (e ottenendolo) una proroga del commissariamento. La Prefettura conferma: Gullì rimarrà fino a giugno dell'anno prossimo. E tutti esultano.
Ma è "guarita" San Luca? No, mi spiace, no. Credere che l'istituzionalizzazione di una situazione emergenziale corrisponda con un reale percorso di guarigione dal malaffare e dalla paura sarebbe miope e pericolosissimo. San Luca oggi dimostra che la ‘Ndrangheta anche quando abdica dal fare la guerra allo Stato (e al Commissario che oggi lo rappresenta) comunque riesce a tenere sotto tiro i rapporti sociali di una comunità che fatica a rimettersi in piedi da sola. Lo stesso Gullì ha dichiarato: «L’affetto della gente di San Luca mi ha commosso ma spero che fra un anno i tempi per tornare alle urne siano maturi». È la vecchia parabola dell'insegnare a pescare a chi ha fame piuttosto che procuragli del pesce: la battaglia antimafia si completa lì dove lo Stato si riappropria di tutte le funzioni che la criminalità gli ha sottratto e lo svolgimento di regolari elezioni è il fondamentale passo per lo svolgimento democratico, responsabile e condiviso delle regole.
Gullì, insomma, è il primo passo di un cammino che è ancora lungo, difficile. E credere di avere vinto sarebbe un imperdonabile errore.