Non è affatto semplice "di questi tempi" ascoltare integralmente un dibattito parlamentare. Specie quando una comunicazione urgente del Presidente del Consiglio, sul risultato di uno dei vertici più importanti degli ultimi anni, diventa occasione per un "regolamento di conti" interno alla strana maggioranza parlamentare e allo stesso tempo vetrina per improbabili distinguo. Parliamo ad esempio della Lega Nord (il cui congresso è sempre una buona occasione per riflettere), che affida al "solito" Massimo Polledri i vaneggiamenti sul complotto dei banchieri comunisti e dell'Europa pluto-giudaico-massonica. Diverso ma non nella sostanza l'intervento di Borghesi dell'Italia dei Valori, cui proprio non riesce di superare il clima da campagna elettorale perenne (pur in presenza di alcune osservazioni condivisibili).
Non che l'entusiasmo "moderato" nei confronti dell'operato di Monti manifestato da Buttiglione o Della Vedova resterà tra le "perle" di questa stagione parlamentare, sia chiaro. Eppure, tralasciando i battibecchi di facciata e le prese di posizione strumentali, emerge anche un altro concetto di fondo. Più che altro una sensazione. E cioè che dietro la "prudenza e la moderazione" con la quale Monti maschera i provvedimenti del Governo, le cose stiano prendendo "una certa direzione". Lo ricorda il professore nell'elencare il cammino di questi 8 mesi. Se ne rende conto Cicchitto che pur continua nella linea "malpancista", che sta confinando il Popolo della Libertà ai margini della discussione politica (discorso simile per quanto riguarda il consenso popolare). Lo sottolinea Veltroni al quale, nonostante l'eccesso di retorica (ce lo concederà), va riconosciuto il merito di aver esposto con chiarezza quella che è preoccupazione diffusa: "Salvate lo Stato sociale, la conquista più grande della nostra storia recente".
Perché pur tra compromessi e trattative infinite, il Governo ha portato a casa riforme di grande peso e ha messo in piedi manovre durissime (e va dato atto a Monti di aver agito con grande intelligenza). Provvedimenti che sembrano certo poter "mettere a posto i conti" (anche se sono in molti a sottolineare che il fiscal compact e l'accordo di Bruxelles "vincoleranno" le prossime manovre economiche), ma che incideranno non poco sulla struttura complessiva della società italiana. Del resto gli indicatori restituiscono l'immagine di un Paese sempre più povero, con un tasso di disoccupazione giovanile altissimo e in cui continua a crescere la tensione sociale. In tal senso non sfugge che a pagare, in termini estremamente concreti, sia la malattia che la cura sono le fasce meno abbienti della popolazione, le famiglie monoreddito e via discorrendo. Smantellare lo stato sociale, ridurre i servizi, diminuire i trasferimenti agli enti locali, bloccare le assunzioni e licenziare i dipendenti della pubblica amministrazione senza al contempo immaginare adeguate misure per la crescita, per il contrasto della povertà, per la riduzione del disagio sociale è, senza mezzi termini, estremamente pericoloso. Rinunciare a cuor leggero alla più grande conquista dell'Occidente è un lusso che non possiamo concederci. Nemmeno al tempo dei tecnici.