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Salario minimo: di che si tratta e chi riguarda

Che cos’è il salario minimo, perché il Governo vuole sperimentarlo, chi è escluso e quali sono i rischi.
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Questo articolo dovrebbe cominciare con una voce di disambiguazione, alla Wikipedia. Non si parla infatti né del reddito di cittadinanza, né del reddito minimo garantito (qui è spiegato bene cosa sono), bensì del salario minimo, o meglio ancora del compenso orario minimo. Si tratta di una proposta di modifica della normativa vigente contenuta nel disegno di legge delega "in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino dei rapporti di lavoro e di sostegno alla maternità e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro", in discussione al Senato della Repubblica. In particolare la proposta, con le successive modifiche apportate in Commissione, è inserita nel contestatissimo articolo 4 (riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, delle forme contrattuali e dell'attività ispettiva), che prevede anche l'introduzione del discusso contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio.

Salario minimo, di che si tratta – La proposta è (al solito, verrebbe da dire) molto generica, con il testo proposto dalla Commissione che recita:

introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonché ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, previa consultazione delle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Si tratta, in poche parole, di prevedere un compenso orario minimo per quelle tipologie di contratto "escluse" dalla contrattazione collettiva. L'intenzione dovrebbe essere quella di fornire delle garanzie per i lavoratori più deboli (sia per quel che concerne i livelli di retribuzione che sotto l'aspetto delle tutele), fissando una soglia oltre la quale il "livello" del salario orario non può scendere, ma anche di sperimentare un modello più chiaro per l'inquadramento, o meglio la retribuzione, di alcune tipologie professionali.

Salario minimo, chi riguarda e di quanto si tratterebbe – Le stime non sono concordi su questo aspetto, soprattutto perché (ed è uno dei limiti della legge) bisognerà ancora discutere sulle soglie di ingresso, tuttavia vale la pena di ricordare che i lavoratori dipendenti il cui contratto non è regolato da accordi collettivi rappresentano oltre il 20% del totale. Si tratta proprio di quei lavoratori a rischio povertà, che hanno subito più degli altri l'effetto della crisi economica (qui lo studio di Boeri e Lucifora su LaVoce.info) e che vedono continuamente livellato il loro compenso verso il basso (anche per effetto dell'aumento della domanda di lavoro). Per inciso, ci sono altri studi che mostrano come anche parte dei lavoratori teoricamente tutelata dalla contrattazione collettiva percepisca invece un salario al di sotto dei minimi contrattuali (vuoi per la complessità dei meccanismi normativi, vuoi per il "dolo" del datore di lavoro).

Per quel che concerne la quantificazione del minimo, come detto, il dibattito è aperto. Una delle soluzioni potrebbe essere quella di calibrare il minimo sul 60% del salario "mediano" (che è quello dei lavoratori al centro della curva di distribuzione dei salari), ma come ricorda IlSole24Ore si tratta di una formula che produce una serie di rischi:

Insomma, se il salario mediano in un determinato Paese equivale a 10 euro all'ora, un salario minimo equivalente a 6 euro/l'ora può essere controproducente […] La regola del 60% , secondo gli economisti, dovrebbe tutelare una corretta redistribuzione del reddito ma va anche armonizzata con gli ammortizzatori sociali esistenti. Una indennità di disoccupazione eccessivamente elevata, per esempio, potrebbe indurre il lavoratore a scegliere di non lavorare. Un altro rischio insito nell'istituzione del salario minimo è il fatto che potrebbe deprimere al ribasso le retribuzioni della contrattazione singola; oppure fare in modo che parte dell'occupazione cada nel sommerso.

Salario minimo, gli esempi e le critiche – Una qualche forma di salario minimo è in vigore nella quasi totalità dei Paesi europei. Attualmente sono 6 le nazioni della Ue a non avere una legge sul salario minimo: ultima in ordine di tempo la Germania, che nel gennaio del 2015 vedrà a pieno regime il nuovo ordinamento che prevede un salario minimo di 8,5 euro lordi all'ora (con l'esclusione di stagionali, stagisti e minorenni). Il livello più elevato di salario minimo è invece quello francese (circa 9,5 euro), seguito da quello britannico (7,5 euro).

In Italia, Belgio, Danimarca, Austria, Finlandia e Cipro invece esiste come detto un sistema di contrattazione collettiva che garantisce "in media" salari minimi più elevati rispetto ai paesi che hanno una legge sul salario minimo. La tabella è eloquente:

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Dunque, come spiega Garnero, "i sindacati hanno quindi ragione sulla carta: la contrattazione garantisce un salario più elevato, ma solo a chi ne è effettivamente coperto; una fetta importante, e probabilmente crescente, ne rimane esclusa;l sistema così com’è quindi non basta". Va detto che il lavoro in Commissione è andato proprio nella direzione della mediazione, inserendo appunto l'esclusione dei contratti collettivi dal provvedimento. Il discorso, insomma, è sempre lo stesso: come agire su quella fascia di lavoratori che non rientrano nei "blocchi" garantiti dal vecchio sistema di tutele?

È chiaro, ci sarebbe sempre l'interpretazione dell'articolo 36 della Costituzione ("Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa"), ma si entra ovviamente in un campo minato. La realtà dei fatti induce invece a confrontarsi anche con chi di fatto percepisce salari bassissimi e allo stesso tempo con la necessità di non assestare un colpo ulteriore alle aziende, in un momento particolarmente complicato. Gli economisti de LaVoce provano a scendere nello specifico, con una proposta:

Una politica prudente di salario minimo legale in Italia, potrebbe essere quella di fissare un livello compreso tra il minimo salariale spagnolo – che tuttavia coprirebbe solo il 2,5 per cento dei lavoratori dipendenti italiani – e il livello di povertà salariale relativa (convenzionalmente fissato a 2/3 del salario mediano), pari oggi a circa 6,5 euro – che in questo caso coprirebbe circa il 10-11 per cento dei lavoratori dipendenti. Livelli salariali maggiori, come quelli della Germania o della Francia, interesserebbero una quota di lavoratori pari al 30-40 per cento e avrebbero senza dubbio ricadute negative sull’occupazione.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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