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Sebastiano Jano Ferrara, il “boss buono”: “La mafia è una merda. Ragazzi, non fate come me”

L’ex boss mafioso Sebastiano “Jano” Ferrara si confida in esclusiva davanti alle telecamere di Fanpage.it. Racconta del suo storico arresto che vide scendere in piazza un migliaio di persone che protestavano e lo volevano libero e del suo pentimento, fino all’appello ai più giovani: “Non fate come me, si finisce morti o in galera”
A cura di Giorgio Scura
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"La mafia è una montagna di merda. E io chiedo scusa a tutte le persone a cui ho arrecato dolore". Sebastiano, detto Jano Ferrara, 46 anni, ex boss mafioso del quartiere Cep di Messina e collaboratore di giustizia, colui che fu ribattezzato "il boss buono" per lo stretto rapporto che lo legava alla sua gente, si confida in un'intervista esclusiva concessa a Fanpage.it e chiede scusa per il suo passato. Ma non solo.

"Ho fatto una vita da criminale, ho preso quasi 150 anni di carcere per vari reati, dall'omicidio all'estorsione, ma sono rimasto sempre dalla parte del popolo, forse per questo mi chiamano il "boss buono"". Il rapporto di grande affetto che la sua gente provava per Jano lo si vide in maniera plateale quando, dopo una lunga latitanza nel sul appartamento nel quartiere popolare di Messina, Ferrara fu arrestato nel marzo del 1994. Centinaia di persone scesero in piazza per chiedere la sua liberazione. Scene che fecero il giro del telegiornali e che non mancarono di scatenare polemiche in tutta Italia contro la gente che in strada difendeva un boss spietato e sanguinario.

"Grazie a Jano nel nostro rione non entra la droga" dicevano i messinesi sotto al Palazzo di Giustizia più di 24 anni fa. Oggi, in una località segreta, Ferrara si siede davanti alle telecamere di Fanpage.it e dice: "Io appartenevo alla vecchia mafia, che aveva un'etica, rispettava le persone, aiutava la povera gente. Non come la mafia stragista che è una montagna di merda e sono solo dei terroristi".

Poi ricorda i tempi che furono che ha ricostruito in un libro-biografia, il fiume di soldi estorti alle aziende della zona, il rapporto con i politici e poi il pentimento, il contatto con apparati deviati dello Stato: "Se non fosse caduta la Prima Repubblica io sarei stato ucciso. Ma sono stato furbo e solo così mi sono salvato la vita". Poi l'appello ai più giovani: "Non lasciatevi influenzare dalle figure negative e state lontano da quella vita sbagliata perché o si muore o si va in carcere"

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