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Aggiornamenti sul caso Emanuela Orlandi

Vulpiani, Gangi e l’oscuro ruolo dei servizi segreti nel caso di Emanuela Orlandi

Marino Vulpiani, l’agente del Sisde Giulio Gangi e il loro ruolo nei giorni successivi alla scomparsa di Emanuela Orlandi nel 1983. Ieri Vulpiani è stato ascoltato in Commissione bicamerale di inchiesta e alcune affermazioni contrastano con ciò che è sempre stato scritto.
A cura di Enrico Tata
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Quello di Marino Vulpiani è un nome centrale nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa di Emanuela Orlandi a Roma il 22 giugno del 1983. È lui, infatti, che ha accompagnato in casa Orlandi l'agente del SISDE (Servizi segreti civili italiani) Giulio Gangi, cioè colui che ha svolto le prime indagini sul caso. Ieri Vulpiani è stato ascoltato in Commissione bicamerale di inchiesta sulle scomparse di Mirella Gregori e di Emanuela Orlandi presieduta da Andrea De Priamo. E alcune sue dichiarazioni raccontano un'altra verità rispetto a ciò che è sempre stato scritto.

La versione di Vulpiani: mai stato nei servizi segreti

Ci sono stati molti ‘non ricordo', ma Vulpiani ha evidenziato due elementi importanti: ha detto di non essere mai stato un agente dei servizi segreti e di non ricordare di essere entrato in casa Orlandi. All'epoca studente di medicina, ha confermato di aver conosciuto Federica Orlandi, la sorella di Emanuela, a Torano, un borgo in provincia di Rieti di cui è originario e dove spesso trascorreva l'estate. "Il caso vuole che io fossi amico di Giulio Gangi, che veniva spesso a Torano, anche durante il periodo del caso Orlandi, purtroppo a forza di stargli vicino qualche giornalista ha fatto due più due ma io non c'entravo niente col Sisde, anzi neanche ho fatto il militare, sono stato riformato".

Vulpiani sostiene di essere stato scambiato con il vero partner di Gangi nei servizi, tale ‘Martocci'.  "Loro lavoravano sempre in coppia, stavano sempre a casa degli Orlandi tanto che la famiglia non li sopportava più, era infastidita".

Chi era l'agente Giulio Gangi e che ruolo ha avuto

Qual è allora il collegamento tra Gangi e gli Orlandi? Secondo Vulpiani, Gangi avrebbe conosciuto a Torano la cugina di Emanuela, Monica Meneguzzi. "Una ragazza bellissima in verità, l'ha conosciuta prima del fatto, anche se Gangi aveva lavorato anche alla Camera prima e Meneguzzi probabilmente lo conosceva perché lui pure lavorava alla Camera. Insomma, Gangi era innamorato di questa Monica, ma lei zero, quando successe la cosa di Emanuela lui non gli pareva vero per farsi notare da Monica".

Gangi "era una persona molto intelligente, con molte conoscenze per via del padre, ma anche esuberante, esaltato, girava con una pistola, e per questo noi poi non ci siamo più frequentati".

Pietro Meneguzzi e la versione che non torna

Eppure secondo il cugino di Emanuela, Pietro Meneguzzi, la verità è un'altra. Nel 2024 ha infatti dichiarato alla Commissione parlamentare che Giulio Gangi si presentò "insieme a due suoi colleghi. Gangi lo conoscevo per via del mio lavoro alla Camera, e lui mi aveva sentito parlare della scomparsa di Emanuela, ma non è vero, come pure è stato detto più volte, che conoscesse già da prima mia sorella Monica, che tra l'altro allora aveva solo 15 anni, molti meno di lui. Secondo me si è confuso, l'ho ribadito anche in procura di recente".

Gangi, scomparso nel 2022 probabilmente per ictus, ha descritto così il suo ruolo nella vicenda:

"Conoscevo gli Orlandi da prima della scomparsa di Emanuela: ero giovane, avevo poco più di vent’anni. Mario Meneguzzi, lo zio della Orlandi, aveva una figlia e proprio di questa ragazza mi innamorai. Mi piaceva tantissimo, era riservata, educata, elegante nel comportamento. Una brava ragazza che conobbi perché l’estate dell’82 andai con un amico a fare una gita fuori porta nel paesino dove gli Orlandi avevano una casetta di villeggiatura (Torano). Fu così che la vidi per la prima volta. Quindi non è vero che il Sisde mi ordinò di infiltrarmi nella famiglia Orlandi per chissà quale scopo. Ad ogni modo, non mi fidanzai mai con la ragazza in questione, ci conoscemmo e diventammo amici. Ci frequentammo tra il 1982 e il 1983 perché le facevo la corte".

Il giorno della scomparsa, ha sostenuto Gangi, lo chiamò proprio Monica: "Mi richiamò due giorni dopo -il 25 giugno 1983- e mi chiese se potevo dare una mano a cercarla perché le avevo detto che ero della polizia, non del Sisde. La sera del 25 andai a casa Orlandi, in Vaticano. Mi accompagnò il collega amico col quale quella volta andai a fare la gita, lui rimase in strada io salii a casa loro e parli coi genitori e lo zio. In quel momento al Sisde non importava un accidenti di Emanuela Orlandi".

Vulpiani dice di non ricordare di essere entrato in casa Orlandi

Un altro punto controverso: Vulpiani è mai entrato all'interno della casa della famiglia Orlandi? Ercole Orlandi, il papà di Emanuela, mise a verbale che si presentarono in casa nella tarda serata del 26 giugno, cioè quattro dopo la scomparsa, Marino Vulpiani e Giulio Gangi.

Questa la versione di Vulpiani: "Mi ricordo che io accompagnai Gangi e non si riusciva a parcheggiare, io l'ho accompagnato fuori, non mi ricordo di essere mai entrato, loro stavano dentro il Vaticano, poteva essere il giorno stesso della scomparsa".

E ancora: "Non mi ricordo se sono entrato in casa oppure no,  potrebbe essere pure, ma io ho il buco. Gangi mi disse, ah guarda, è scomparsa sta ragazzina, lui andava secondo me in qualità di agente segreto, io potrei anche essere entrato ma non mo lo ricordo, mi ricordo che non si parcheggiava". Perché accompagnava Gangi? " Giulio mi disse accompagnami così mi presenti che sono agitati. Io mi ricordo solo la mia 126 bianca e che non trovavo posto, io a 20 anni non conoscevo il Vaticano, conoscevo  San Pietro ma per il resto non sapevo neanche dove stava".

Con chi si presentò Gangi a casa degli Orlandi?

Un altro dettaglio che non torna. Quando si è presentato Gangi a casa Orlandi? Un giorno dopo la scomparsa? Due oppure quattro? Le date non combaciano. Con chi si presentò Giulio Gangi? Chi sono i due colleghi di cui parla Meneguzzi? Uno è Vulpiani (che però smentisce categoricamente di essere stato un agente dei servizi segreti) e l'altro è un certo Leone. Un falso nome che in realtà era il suo capo Gianfranco Gramendola, allora responsabile del SISDE. Un uomo su cui in seguito Gangi avrà dei dubbi: "E se fosse stato un complice del rapimento?".

Nella versione riportata in precedenza Gangi ha parlato di un "collega amico" che lo aveva accompagnato a casa Orlandi. Ma nel 2008 ha precisato: "Fu una mia iniziativa perché ero molto amico dei cugini, conoscevo anche il fratello. Fui io a presentarmi a casa degli Orlandi, la sera dopo, insieme ad un amico comune, Marino Vulpiani, che è medico e dunque fa tutt’altro mestiere. Anche lui era preoccupatissimo perché viveva a Torano, lo stesso paese della famiglia. L’unico agente del SISDE a occuparsi della vicenda, fin dai primi giorni, sono stato io".

Le prime indagini di Gangi sulla scomparsa di Emanuela

Il ruolo di Gangi è centrale perché fu lui a svolgere le prime indagini sul caso Orlandi. E la magistratura venne a conoscenza del suo ruolo soltanto nel 1993, cioè dieci anni dopo la scomparsa di Emanuela. Proprio per aver svolto "inopportune indagini" sul caso, Gangi venne allontanato dai servizi. L'agente del SISDE interrogò il 25 giugno il vigile Sambuco, che affermò di aver visto Emanuela intorno alle 17 del giorno della scomparsa mentre parlava con un uomo sui 40-45 ani, di carnagione scura, capelli castani e radi nella parte anteriore del capo, vicino a un'auto, una Bmw verde. L'uomo le aveva mostrato una borsa con la scritta Avon e contenente cosmetici.

Gangi interrogò anche Bruno Bosco, poliziotto, anch'egli in servizio davanti al Senato il giorno della scomparsa. Disse di aver visto Emanuela insieme a un uomo che aveva con sé una borsa. Una riflessione di Gangi: "Tutto fa pensare che l’uomo della BMW voleva essere notato: dal colore squillante della sua auto al fatto che avesse parcheggiato la vettura in direzione contraria al senso di marcia, al posto prescelto, cioè proprio di fronte all’ingresso del Senato".

Il caso della Bmw verde modello Touring

L'agente non solo cercò quella Bmw verde, modello Touring, ma la trovò, a suo dire, in un'officina di Roma. Era stata portata con un vetro rotto da una donna. Rientrato in ufficio, venne sgridato dal suo capo: "La donna doveva avere contatti diretti: prese il numero di targa e in pochi minuti riuscì a farsi sentire. Pensai che fosse l’amante di qualche pezzo grosso, uno dei nostri papaveri".

Torniamo a Vulpiani, che ha raccontato l'episodio in commissione: "Mi raccontò che c'era questa Bmw, disse che era stato sgridato dai superiori ed è la stessa cosa che poi ho riletto su un articolo, lui aveva individuato quest'auto, io ho pensato che lui nel suo essere esaltato magari ci aveva preso. Parlò con un vigile e questo vigile disse di aver visto una Bmw Touring, Gangi indagò sull'auto ma come ritornò in sede, un macello, non si doveva permettere di parlare con queste persone che loro conoscevano bene, lo sgridarono e lui era arrabbiato per questo".

Del vigile Sambuco, "mi disse che era una persona scortese, gli disse che anche lui aveva una figlia e forse la Orlandi come la figlia era scappata con un tizio, gli disse vedrai che questa è la stessa cosa". Vulpiani ha anche riferito che secondo Gangi una pista poteva essere quella della "tratta delle bianche" ma, in ogni caso "brancolava nel buio, con il suo partner facevano indagini su indagini ma non venivano a capo di nulla".

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