Visite saltate in gravidanza per paura del Covid: triplicato il numero dei bambini nati morti
Forte aumento, fino a tre volte, dei bambini nati morti nel Lazio nella prima fase della pandemia. Sono i dati emersi da uno studio coordinato dal professor Mario De Curtis dell'Università La Sapienza di Roma e pubblicato da Archives Disease in Childhood. La ricerca ha preso come riferimento i dati riconducibili ai nati nei centri della Regione Lazio. Considerando il periodo che va da marzo a maggio 2020 e paragonandoli agli stessi mesi del 2019 è emerso che durante la prima ondata dell'emergenza coronavirus il numero dei bambini nati morti è triplicato. Il motivo sarebbe da ricercare nel fatto che probabilmente le donne hanno saltato le visite di controllo della gestazione durante la gravidanza. Di contro sono invece calati i parti prematuri, la causa sarebbe nel maggior riposo durante la gravidanza dovuto proprio al lockdown.
Triplicati i bambini nati morti
Gli elementi presi in considerazione all'interno dello studio coordinato da Mario De Curtis prendono in considerazione tutte le caratteristiche, dall'andamento della gestazione al tipo di parto effettuato sulla madre. L'aumento dei decessi non sarebbe provocato dal coronavirus contratto dalle madri, di cui l'incidenza risulta molto bassa, ossia di circa 1 su 1000 donne incinte (dati dell'Istituto Superiore di Sanità), ma perché le gestanti, avrebbero evitato di sottoporsi alle visite ginecologiche proprio per la paura di contrarre il virus recandosi negli ospedali ed entrando in contatto con il personale sanitario.
Diminuiti i parti prematuri
Considerando sempre gli stessi mesi, durante la prima ondata della pandemia, dallo studio condotto con Leonardo Villani della Cattolica di Roma e Arianna Polo della Direzione Salute e Integrazione Sociosanitaria della Regione, è emerso invece come ci sia stata di contro una diminuzione dei parti moderatamente pretermine, che rappresentano la gran parte dei nati pretermine, dovuto appunto, ad uno stile di vita più tranquillo. "Il dato può essere interpretato come effetto del riposo forzato, della sospensione del lavoro fuori casa, della ridotta attività fisica a cui sono state costrette anche le donne in gravidanza durante il lockdown – scrivono gli autori – La prevenzione della natimortalità è un dato che dovrebbe essere tenuto presente nei prossimi lockdown che vengono annunciati".