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Elezioni comunali Roma 2021

Virginia Raggi non vota al ballottaggio nel primo giorno: che brutto segnale per la città

Polemica per le assenza alle urne nel primo giorno del voto per il ballottaggio per la sindaca Virginia Raggi. Una mancanza di sensibilità istituzionale e di capacità di interpretare il proprio ruolo oltre la convenienza politica che non rendono un buon servizio alla città, alla democrazia e alla partecipazione.
A cura di Valerio Renzi
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Certo il voto è personale, certo astenersi è un diritto individuale di ogni cittadino. Ma è altrettanto ovvio che la sindaca uscente della capitale, anche quando rimane esclusa dal ballottaggio, tutti si aspettano che si rechi alle urne. È una fatto di pedagogia pubblica e istituzionale, non di tattica politica: la prima cittadina va a votare per dare un segnale di partecipazione democratica, per invitare i cittadini a fare altrettanto. Cosa farà nel segreto dell'urna poi è affar suo.

Un protocollo informale ma consolidato avrebbe voluto che Virginia Raggi votasse di buon'ora, per dare il "buon esempio", così da invitare i suoi concittadini a fare altrettanto lungo l'arco della giornata. Così ha fatto ad esempio Chiara Appendino, la sindaca uscente di Torino che ha deciso di non ricandidarsi, che anche se il Movimento 5 Stelle è stato escluso dal ballottaggio, si è fatta fotografare mentre infilava la scheda nell'urna, accompagnando così l'immagine sui social: "Potete votare oggi fino alle 23, e domani, 18 ottobre, dalle 7 alle 15. Buon voto a tutte e tutti!".

Il giorno della sconfitta, ormai esattamente due settimane fa, Raggi aveva chiarito nel suo ultimo discorso, durissimo contro gli avversari e per gli attacchi ricevuti in questi cinque anni, nel quale ha rivendicato con orgoglio il lavoro svolto senza un briciolo di autocritica, che non avrebbe dato indicazione di voto. "Ringrazio ancora i cittadini che mi hanno dato fiducia e rassicuro che i vostri voti non saranno svenduti ai saldi di fine stagione. Per essere molto chiari: io non darò indicazioni di voto al ballottaggio. Perché i voti non sono pacchetti e i cittadini non sono mandrie da portare al pascolo".

E così è stato: mentre molti esponenti del Movimento 5 Stelle hanno chiarito che avrebbero votato per Roberto Gualtieri, a cominciare da Giuseppe Conte che ha condiviso con l'ex ministro dell'Economia anche l'esperienza di governo nella crisi innescata dalla pandemia, la sindaca si è limitata a due incontri istituzionali quanto informali con i due candidati. Il dibattito in queste settimane andasse polarizzandosi anche sull'asse fascismo/antifascismo, tra le imbarazzanti parole di Enrico Michetti sulla Shoah e i saluti romani dei candidati di Giorgia Meloni, ma Raggi ha mantenuto l'equidistanza nonostante sia un tema su cui è molto sensibile. Anzi, a molti è parso che l'astio verso il PD romano non venga secondo a nessuna altra valutazione politica per l'ormai ex sindaca.

Non rimane che sperare che Virginia Raggi, e con lei la parte del Movimento 5 Stelle a le è più vicina, non faccia il tifo per l'astensione, che oggi si rechi alle urne dandone notizia pubblicamente. Perché sperare nella bassa affluenza per delegittimare chi uscirà vincitore dalle urne non è un buon servizio alla politica e alla democrazia, visto e considerato soprattutto che a tradire le urne sono state soprattutto quelle periferie che nel 2016 avevano votato a valanga proprio per Raggi e che oggi, evidentemente disilluse da cinque anni di governo del Movimento 5 Stelle, hanno scelto di rifugiarsi nell'astensione.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Prima di arrivare a Fanpage.it ho collaborato su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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