Virginia Raggi e l’occasione per cambiare davvero Roma: “Con i soldi dell’Europa riparte la città”
Se non è un all in poco ci manca. Virginia Raggi ha presentato ieri in Campidoglio un ambizioso piano da 25 miliardi per la capitale che ora dovrà discutere con Governo, ministeri e partiti. A una manciata di mesi dalla fine del mandato, con il progetto dello stadio della Roma paralizzato, la sindaca del Movimento 5 Stelle preme sull'acceleratore nel tentativo di gettare le basi per il futuro sviluppo della città. L'occasione è il Recovery Fund, dove la maggioranza in Campidoglio vuole andare a reperire quelle risorse straordinarie per tirare fuori la capitale dal pantano dove si trova, nella consapevolezza che occuparsi dell'ordinario, come tagliare i prati e riparare le strade in modo efficiente, è importante ma non sufficiente.
Il pezzo forte sono i trasporti: 12 miliardi per prolungare la metro C fino a Grotta Rossa, scavare un primo tratto della Linea D da Lungotevere Dante a Roma Tre in una direzione, e fino a Prati Fiscali nell'altra, la metro E sulla direttrice Roma-Ostia-Fiumicino. E poi il prolungamento della metro B1 fino allo svincolo dell'autostrada A1, il prolungamento della linea A dall'attuale capolinea di Battistini fino a Monte Mario, e la metro B da Rebibbia fino a Casal Monastero. E poi due funivie e sei nuove line tranviarie.
Quella cura del ferro di cui si parla da decenni per Roma, per rimettere insieme una città sbrindellata da uno sviluppo urbanistico caotico e per lunghi decenni spontaneo e improntato alla speculazione. Virginia Raggi spiega a Fanpage che l'obiettivo è "ricucire la città, ripristinando quel rapporto tra trasporto pubblico e sviluppo urbanistico che manca da oltre 60 anni a Roma, ed è indispensabile per garantire uno standard di qualità della vita elevato ai cittadini".
“Con il Piano urbano della mobilità sostenibile che abbiamo approvato nel 2019, dopo un anno di percorso partecipato con i cittadini e con il progetto “Reinventiamo Roma” (che è il nostro progetto di rigenerazione urbanistica), facciamo proprio questo: fondiamo due aspetti che sono assolutamente connessi e fondamentali, ricucitura urbanistica e trasporti e mobilità". Un piano i cui progetti erano per la maggior parte già pronti, in attesa di essere finanziati.
Metro e tram, ma non solo. Il piano prevede anche un intervento importante su uno dei drammi sociali della città: l'emergenza abitativa. Si parla di 2 miliardi per acquisire 10.000 alloggi popolari e di 1,3 miliardi per recuperare i quartieri di edilizia popolare, a cominciare da Tor Bella Monaca e Bastogi, e aprire centri polifunzionali per i cittadini. L'idea è quella "di un'unica città dal centro alla periferia", senza più "quartieri ghetto".
"Abbiamo presentato 159 progetti che si sviluppano su alcuni filoni d'intervento. – spiega Virginia Raggi – Parliamo di rigenerazione urbana, quindi ricostruzione, riqualificazione delle nostre periferie e dei nostri immobili abbandonati. Parliamo anche di diritto alla casa, quindi acquisto di immobili per alloggi di edilizia residenziale pubblica. E ancora riqualificazione energetica dei nostri edifici scolastici, edifici pubblici, case popolari come anche progetti di economia circolare. E poi progetti di innovazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione e dell'infrastruttura digitale della città”.
Se le grosse crisi strutturali che Roma deve affrontare sono due, i trasporti e la chiusura del ciclo dei rifiuti, appare evidente la disparità di fondi richiesti. Il piano industriale di Ama ancora deve essere approvato ma sarà l'occasione per mettere mano agli impianti, garantisce Raggi. "È l’occasione per andare a colmare quel gap infrastrutturale e impiantistico che Ama ha scontato per anni. – scandisce la sindaca – La sproporzione di risorse è dovuta anche al fatto che ci sono esigenze completamente diverse. Mentre su determinati settori si può concentrare l’impiantistica, su altri come quella dei trasporti bisogna decentrare e anzi arrivare capillarmente a livello infrastrutturale ovunque. Allo stesso tempo mi permetta di dire che questo piano ci consente di riportare la città a una normalità che non conosce da troppo tempo".
E se il Recovery Fund è l'occasione per gettare le basi per il futuro della città, l'altra scommessa prima della fine del mandato è vedere incardinata la riforma istituzionale di Roma Capitale. Per risorse speciali, poteri speciali. E se i governi nazionali in questi anni non hanno avuto il coraggio di stanziare i finanziamenti necessari per rilanciare la capitale, questi potrebbero ora arrivare dall'Europa: “Io da tempo chiedo poteri straordinari per Roma, chiedo fondi adeguati a quelli di una Capitale, cosa che Roma non ha mai avuto, quindi probabilmente la storia non si fa con i sé e con i ma, però è sotto gli occhi di tutti che a livello di capitale Roma non è mai stata trattata come tale. C’è comunque il tema dello status di Roma Capitale che non può essere a questo punto dimenticato e non possiamo semplicemente delegare al Recovery Fund questa funzione. Sicuramente questo serve per colmare questo gap infrastrutturale, poi però c’è un livello ulteriore che deve essere stabilizzato, che io non smetterò di chiederlo”.