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Violenza ostetrica: tutte le testimonianze

Violenza ostetrica, Viola: “Febbre e reni collassati, dicevano che era colpa mia se la bimba non nasceva”

Viola è una ragazza di Roma che ha partorito in un ospedale del nord Italia. Il trattamento subito e la mancanza di empatia hanno lasciato un segno indelebile sulla sua esperienza. “Mi sentivo in colpa, sapevo che non avevano ragione loro, ma una parte del mio cervello pensava comunque che dovevo sforzarmi di più. È come se mi avessero schiacciato”.
A cura di Natascia Grbic
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"Non stavo bene, avevo la febbre alta per un'infezione ai reni in corso. Dopo diciassette ore di travaglio e tre di spinte la ginecologa mi ha detto che da quel momento in poi avrei fatto come diceva lei, e che se la bambina non stava nascendo era colpa mia". Viola è una donna romana di 37 anni, che ha partorito in un ospedale veneto. Anche lei, come tante altre, ha vissuto il parto come una tra le esperienze peggiori della sua vita. Mancanza di empatia, comportamenti aggressivi da parte del personale sanitario e nessuna informazione sui trattamenti medici praticati, l'hanno segnata così profondamente che a distanza di mesi quei momenti rappresentano ancora un vero e proprio incubo.

Viola ha scelto l'ospedale in cui è andata a partorire perché considerato un'eccellenza del nord Italia nel campo dell'ostetricia. "Mi ero trasferita da poco, e non conoscendo nessuno ho deciso di andare lì dato che ne parlavano tutti bene. Io soffro di una patologia renale molto grave, e l'ospedale mi ha messa subito in gravidanza a rischio. Mi sono trovata benissimo fino a poco prima del parto, e pensavo anzi di essere seguita molto bene data la mia malattia".

Nonostante fosse in gravidanza a rischio, Viola ha continuato a lavorare perché a partita iva. "Avrei voluto continuare fino alla fine dell'ottavo mese, ma al settimo ho dovuto smettere perché ho cominciato a stare molto male. Non riuscivo più a stare in piedi né a camminare, ero sempre stanca, non era una condizione normale. L'ho fatto presente varie volte in ospedale, ma mi rispondevano che era normale, che data la mia cicatrice di 22 centimetri per l'operazione al rene avvenuta anni prima avevo sicuramente delle aderenze, e che non potevano farmi nulla. Sono arrivata a due settimane dal parto in condizioni pietose, fino a che a quattro giorni dal termine ho chiamato di nuovo l'ospedale perché stavo malissimo. Mi hanno detto di andare per un controllo ma continuavano a sostenere che mi lamentavo troppo e che sarei dovuta tornare a casa. È intervenuta la ginecologa, che ha invece deciso di trattenermi per provare a capire cosa stava accadendo, tutto questo mentre l'ostetrica diceva che mi avrebbe dato solo una borsa dell'acqua calda. Mi hanno fatto un'ecografia, ed è emerso che a causa della mia patologia i reni con la gravidanza stavano collassando e avevo anche un'infezione in corso. Non ero io che mi stavo inventando i malesseri. Hanno quindi deciso di indurmi immediatamente il parto, perché la situazione era molto compromessa".

Data la situazione delicata, Viola è stata attaccata all'ossitocina in modo da attivare subito il travaglio e non perdere altro tempo. "La ginecologa è venuta a visitarmi, ho sentito un dolore fortissimo e ho chiesto cosa fosse accaduto. Mi ha risposto che mi aveva scollato le membrane. Le ho detto che avrebbe dovuto dirmelo, non sono un manichino di plastica. Stessa cosa è successa con le acque. Doveva essere una visita, mi sono trovava in un mare di acqua e sangue. Anche in quel caso sono stata informata solo dopo di quello che era successo. Per lei era tutto normale, per me non lo è, mi sono trovata in un lago di qualsiasi cosa. Avrebbe dovuto dirmi che mi stava rompendo le acque perché non si poteva aspettare, lo avrei accettato, invece sono stata trattata come una pezza da piedi. Avvenivano le cose e dovevo rendermene conto da sola".

Il travaglio di Viola è durato in totale circa diciassette ore. "Verso le due di notte sono entrati in camera dicendo che se entro due ore non mi sarei dilatata avrebbero proceduto con il cesareo, che io in realtà avevo già richiesto al colloquio con il medico, ma mi era stato negato. Alle quattro mi sono dilatata, e sono iniziate tre ore di spinte". Inizialmente Viola era in camera con un'ostetrica molto accomodante, che le lasciava libera di scegliere la posizione per partorire. "Non succedeva nulla però, e a quel punto la ginecologa ha deciso di prendere in mano la situazione. Con fare duro e molto aggressivo ha detto che loro avevano fatto il possibile e se la bimba non nasceva era colpa mia. Non ha usato esattamente queste parole, ma il senso era quello. Mi ha detto ‘adesso fai quello che dico io', e mi ha messo seduta sulla sedia con le gambe alzate. Sgridandomi urlava che se a ogni contrazione non facevo tre spinte era come se non stessi facendo nulla. Ero lì da diciassette ore, avevo la febbre alta per l'infezione ai reni, stavo male, e mi dici che se la bambina non nasce è colpa mia. Non gestivo più il mio corpo, in più mi urlavano che se non spingevo bene avrei fatto del male alla bambina".

Alle sette del mattino è arrivato il cambio turno, e la situazione ha preso una brutta piega. "Era rimasta solo la ginecologa, tutti gli altri erano andati via e c'erano altre persone che non sapevo chi fossero. Ho visto che erano molto agitati ma non dicevano né a me né al mio compagno cosa stava accedendo. La ginecologa ha urlato che voleva la ventosa, io ho gridato che non volevo fosse usata, ma nessuno mi ha ascoltata. Mi sono trovata un'ostetrica di sopra che mi ha fatto la kristeller per tre volte, e hanno estratto mia figlia in tre minuti con la ventosa. Ho avuto una lacerazione di secondo livello con punti fino all'ano, non mi è stata praticata l'episiotomia perché la ginecologa mi ha detto che non c'era stato il tempo. Mi chiedo come non l'abbia trovato in diciassette ore".

Viola e il compagno non hanno visto subito la bambina. "L'hanno portata via dicendo che aveva bevuto il liquido e non hanno aggiunto nient'altro, ce l'hanno portata due ore dopo. Hanno cominciato a ricucirmi per un'ora, chiedevo quanti punti mi stessero mettendo ma non mi hanno mai risposto".

Dopo due ore, Viola ha potuto abbracciare per la prima volta la sua bambina. "Nei giorni del ricovero entravano sconosciuti in camera chiedendomi di vedere la bambina ‘dato il parto che hai avuto, con quello che è successo'. Sapevo che il parto era stato complicato, ma non giustificava tutto questo interesse di estranei che volevano vedere continuamente mia figlia. Non sapevo cos'era successo e nessuno mi rispondeva quando lo chiedevo. Mi sono arrabbiata e ho chiesto di parlare con la psicologa dell'ospedale, perché ho iniziato ad avere flash del parto e incubi a occhi aperti, non stavo per niente bene e in più gente che non conoscevo entrava in camera e mi fermava in corridoio. Il fatto è che io non sapevo cos'era successo, e ho detto alla psicologa che era molto grave che tutti sapessero cosa avevo vissuto e io no".

A tre giorni da quella visita, la ginecologa che ha assistito Viola durante il parto è andata a trovarla. "Con gli occhi pieni di lacrime ha cominciato a raccontare la sua versione di quello che era successo. Mi ha detto che andava tutto bene fino a quando, verso le 7 del mattino, il tracciato della bimba non andava più bene, aveva una forte aritmia, e lei doveva decidere se portarmi in sala e farmi il cesareo o usare la ventosa, ma che per la sopravvivenza della bimba ha deciso che dovevo partorire subito, perché rischiava di morire. Mi ha detto che era una situazione super critica e che quando mia figlia è nata non respirava, per quello l'hanno portava via e non ce l'hanno fatta vedere. Tu cosa rispondi a una dottoressa che dice una cosa del genere? Ovviamente che ha fatto bene a fare quello che ha fatto. Tutto questo però sul foglio di dimissioni non c'è scritto: la ginecologa ha riportato solo che mia figlia è nata con la ventosa per ‘esaurimento' di forze materne‘".

Viola e il compagno hanno richiesto la cartella clinica in modo da capire cosa è successo davvero durante il parto. "Voglio vedere se questo tracciato esiste: quello che è successo è molto grave, io ne subisco ancora le conseguenze, ma il racconto della dottoressa non corrisponde a quello che c'è scritto sul foglio delle dimissioni. Quindi o mi ha mentito quando è venuta a parlarmi in stanza, o ha scritto falsità. Appena avrò la cartella abbiamo deciso di procedere con la denuncia penale".

I comportamenti aggressivi e poco corretti sono continuati anche dopo il parto. "Sono andata alla visita per le dimissioni che non riuscivo a camminare per i punti, il medico mi ha guardata e mi ha detto ‘qui è tutto a posto, non dobbiamo fare nulla'. L'ostetrica è intervenuta dicendo ‘ma no, qui c'è un parto con ventosa e lacerazione di secondo livello'. Sul foglio scritto della ginecologa non c'era scritto nulla di tutto questo, tanto che il medico si è arrabbiato moltissimo".

"Sono stata trattata malissimo e con aggressività. Dopo il parto è venuta l'ostetrica a farmi la check list, un foglio con cui mi dicevano una serie di cose da fare su allattamento, pannolino, cordone, ma io stavo male con la febbre alta, ero stanca e non capivo nulla. Ho detto che non riuscivo a seguirla e che avrei avuto bisogno tenessero un po' la bambina al nido per riposarmi, mi ha risposto che tutte le partorienti sono stanche e non mi dovevo lamentare. In tutto ciò non ho registrato nulla di quello che mi aveva detto perché stavo male. Dopo due ore è tornata arrabbiatissima perché non avevo fatto la pulizia del cordone, ma io nemmeno mi ricordavo. Le ho ribadito che stavo male per l'infezione con la febbre alta, che avevo chiesto un po' di aiuto e mi è stato risposto che non dovevo lamentarmi. Non l'hanno mai voluta portare al nido, mi rispondevano come a dire ‘che l'hai fatta a fare se non la vuoi tenere'. Mi sentivo in colpa, sapevo che non avevano ragione loro, ma una parte del mio cervello pensava comunque che dovevo sforzarmi di più. È come se mi avessero schiacciato".

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