Violenza ostetrica, Claudia: “Mentre partorivo mi hanno detto che meritavo di morire perché urlavo”
"I dolori erano atroci. Dovevo fare l'epidurale ma non riuscivo a stare immobile, avevo delle contrazioni fortissime e mi hanno subito rimproverata dicendo che dovevo stare ferma. Ho detto ‘non ce la faccio'. Non l'avessi mai fatto: la dottoressa in sala ha risposto "per me chi dice ‘non ce la faccio' può anche morire qui sul lettino". E ha continuato a parlare col suo assistente come se non ci fossi, dicendo che non ero forte a livello psicologico e non dovevo dire certe frasi".
Claudia è una donna di trentasette anni che nel 2020 ha partorito in un noto ospedale romano. Lo ha scelto perché voleva il meglio per sé e il suo bambino, ma si è trovata a vivere un incubo di cui dopo due anni fa ancora fatica a parlare. "Con il mio compagno parlavamo di avere un secondo figlio già quando ero incinta del primo. Dopo l'esperienza che ho vissuto, non ne volevo più sapere di partorire".
Quanto capitato a Claudia ha un nome: violenza ostetrica. Umiliata, trattata in modo sgarbato, insultata e lasciata in preda a dolori lancinanti senza epidurale perché definita una ‘mammoletta'. Un trattamento che purtroppo molte donne si trovano a subire in sala parto, e che trasformano quella che dovrebbe essere un'esperienza meravigliosa in un momento di puro terrore.
"Sono rimasta incinta durante il lockdown ed è stata una gravidanza particolare – racconta Claudia – Gli ultimi mesi avevano sospeso le visite, sono andata a partorire che non sapevo nemmeno l'ipotesi di peso di mio figlio. A occhio la ginecologa mi aveva detto che secondo lei era tutto a posto". Quando è arrivato il momento del parto sono cominciati anche i dolori. E da subito Claudia è stata rimproverata e apostrofata con frasi inappropriate, oltre che cattive e umilianti. "Quando la dottoressa mi ha detto che per lei potevo morire sul lettino sono stata malissimo. A parte il fatto che non c'è nulla di male a dire ‘non ce la faccio', non tutte sono Rambo. Il mio era stato piuttosto un intercalare dato dal dolore, mi è venuto spontaneo".
Nel frattempo Claudia è riuscita ad avere la prima puntura di epidurale. "Il momento del parto è stato bruttissimo perché l'ostetrica era convinta che io mi lamentassi perché ‘mammoletta'. Continuava a dire all'anestesista di non farmi un'altra epidurale perché ero una lamentosa, o sarebbero andati troppo per le lunghe. Non so se c'entra il fatto che quel giorno oltre mio figlio sono nati dieci bambini e serviva la sala. Io continuavo a chiedere l'epidurale, lei insisteva a negarla. Faceva così male che non riuscivo a concentrarmi sulla spinta, mentre lei mi diceva frasi assurde del tipo ‘non vuoi il bene di tuo figlio, lo devi far nascere se no non gli vuoi bene'. Ma certo che gli voglio bene a mio figlio, ma in quel momento non riuscivo. A quel punto ho chiesto il cesareo, l'anestesista ha deciso di non ascoltare più l'ostetrica e mi ha fatto l'epidurale. Il dolore si è abbassato così tanto che sono riuscita a concentrarmi sulla spinta, e mio figlio è nato in cinque minuti. Pesava più di quattro chili: io sono alta 1,57 cm e peso cinquanta chili, credo sia anche per quello che avevo tanto dolore".
Quando Claudia ha partorito si è girata per ringraziare l'anestesista. "Pensavo fosse gentile da parte mia, e invece mi ha rimproverata dicendo che non dovevo ringraziare lui, ma l'ostetrica".
Dopo il parto, per Claudia è iniziato un altro calvario: quello dell'allattamento. "Non poteva venire a trovarmi nessuno per il covid, solo il mio compagno un'ora al giorno, mentre io avrei avuto bisogno di qualche consiglio. C'era un viavai di medici, ostetrici e infermieri, ognuno mi diceva una cosa diversa e non sono riuscita ad attaccare mio figlio al seno. Ho lasciato l'ospedale disperata e in lacrime. Una volta a casa ho chiamato un'ostetrica privata e in mezzora sono riuscita ad allattare il bambino senza problemi".
A lasciare di stucco è la mancata sensibilità di chi dovrebbe accompagnare una donna in uno dei momenti più delicati e complessi della sua vita. "Capisco che per loro non è una novità e vivono i parti in continuazione – conclude Claudia – Ma per noi non è così. Non si possono trattare le persone in questa maniera, ci vuole un po' di delicatezza. Quando sono uscita dall'ospedale mi sono detta che non avrei mai più avuto un altro figlio. A distanza di tempo ci sto pensando, ma sicuro mai più lì, ed è assurdo che io debba tentare la fortuna da un'altra parte. All'università avranno anche imparato tante cose sulla tecnica, ma dovrebbero fare lezioni dal punto di vista psicologico perché hanno atteggiamenti medievali. La dottoressa che era in sala quel giorno non si ricorderà mai di avermi detto quella frase. Io invece lo ricorderò per sempre".