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Vestiti non occidentali, amicizie ‘da approvare’ e matrimonio combinato: genitori a processo

Insulti, minacce e vessazioni: all’orizzonte anche un matrimonio combinato. Due sorelle di 26 e 27 anni hanno denunciato i genitori per maltrattamenti in famiglia. Poche settimane fa le giovani hanno ritirato la querela, ma i genitori andranno comunque a processo.
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Per le due sorelle le mura di casa si erano ormai da tempo trasformate in una prigione. Le ragazze, di 26 e 27 anni, erano ormai completamente prive del controllo sulla propria esistenza, dalle persone da frequentare a come vestirsi.

Regole ferree da seguire rigorosamente: obbligo di indossare il velo e divieto di frequentare amici italiani, impossibile pensare di fidanzarcisi. Non solo, il futuro coniuge sarebbe dovuto essere scelto dai genitori, che avrebbero quindi organizzato le nozze.

Queste le accuse nei confronti di una coppia di genitori originari dell’Iraq, attualmente finiti a processo per il reato di maltrattamenti in famiglia.

Il processo con rito immediato richiesto e ottenuto dal pm Antonio Verdi, però, arriva dopo il recente ritiro della denuncia da parte delle due ragazze, scelta giudicata da chi indaga come “conseguenza di pesanti pressioni”.

Un’esistenza controllata, fatta di minacce e divieti

Sono numerosi gli episodi di violenza psicologica e minacce che le due ragazze hanno raccontato agli agenti al momento di sporgere denuncia contro i genitori. Insulti, divieti e vessazioni.

Il principale terreno di scontro, la volontà delle giovani di compiere delle scelte in autonomia: come vestire, chi frequentare. Obbligo di indossare il velo. Le due sorelle possono anche scordarsi di jeans e t-shirt attillate.

In casa, tra le altre cose, vige il divieto di uscire con amici o amiche non “approvati” dai familiari, soprattutto se di nazionalità italiana. Figurarsi un eventuale fidanzato.

Ma le due ragazze, cresciute in un contesto completamente diverso come quello romano, sono molto giovani e – per questioni di integrazione, età o anche solo per “banale” lontananza storica e geografica – distanti dalla cornice culturale di riferimento dei genitori.

Sono cresciute in Italia, hanno frequentato scuole e intessuto amicizie nella Capitale. La più grande delle due, in particolare, dopo il diploma inizia a lavorare in una farmacia. Ha un fidanzato italiano che spesso la passa a trovare a lavoro per poterla vedere indisturbato.

Ma il padre non accetta di rinunciare al controllo sull’esistenza di quella figlia già troppo ribelle e distaccata dall’autorità paterna: comincia a presentarsi nella farmacia dove è dipendente, fa scenate in pubblico e la spia per scoprire se frequenta qualcuno al di fuori del suo controllo.

In particolare, pretende che sia lei che la sorella 26enne accettino un matrimonio combinato con un partner iracheno scelto appositamente dai genitori. Sempre secondo quanto riportato agli agenti, in un’occasione le due sarebbe persino state sequestrate dentro casa per più di due ore dal padre, che non voleva permettere loro di uscire con gli amici.

La denuncia delle sorelle e il successivo rientro a casa

Questa lunga serie di minacce e imposizioni, che va avanti da tempo, ha ormai reso invivibile la vita delle due giovani. Dopo essersi consultate, le sorelle decidono di presentare querela, circa un anno fa.

Seguite dall’avvocata Teresa Manente, vengono allontanate dai genitori e ospitate in una comunità. Il pm Antonio Verdi chiede e ottiene, inizialmente, l’allontanamento dei genitori, in seguito il processo con rito immediato.

Ma nelle scorse settimane, il colpo di scena: le due ragazze hanno deciso di ritirare la denuncia nei confronti dei genitori e di fare ritorno a casa.

“Questa scelta è frutto delle pesanti pressioni dei familiari” secondo gli inquirenti, che hanno comunque deciso di non mollare il caso di maltrattamento domestico e di portare lo stesso i genitori a processo.

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