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Valle del Sacco, 2 arresti e 14 indagati per disastro ambientale. Sequestrato il depuratore

Sono sedici gli indagati che dovranno rispondere a vario titolo delle accuse di reato ambientale per l’inquinamento del fiume Sacco. Duecento aziende sversavano fanghi senza depurazione.
A cura di Emilio Orlando
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Fiume Sacco inquinato (Immagine di repertorio)
Fiume Sacco inquinato (Immagine di repertorio)

Scacco alle "ecomafie" del Lazio. I fanghi velenosi venivano scaricati direttamente nel fiume Sacco, senza depurazione. Erano duecento le aziende, chimiche, farmaceutiche, autolavaggi, piccole attività imprenditoriali che trattavano sostanze tossiche, ma anche comuni del frusinate a sversare i fanghi. È quanto è emerso, durante l'inchiesta della direzione distrettuale antimafia capitolina al termine delle indagini del Nucleo investigativo di polizia ambientale agroalimentare e forestale del Gruppo Carabinieri Forestale di Frosinone, che hanno arrestato l'ex responsabile tecnico della "A&A"( Società a partecipazione pubblica con sede a Roma in via degli Uffici del Vicariato), Roberto Orasi e l'ex responsabile impiantistico, Amedeo Rota.

Sedici in tutto gli indagati che dovranno rispondere a vario titolo delle accuse di reato ambientale. Il giudice per le indagini preliminari Tamara De Amicis ha disposto il sequestro del depuratore utilizzato dal consorzio dei comuni aderenti e le quote della società, oltre che al presunto ricavo illecito che supera il milione di euro. Alla "A&A", alla "Navarra Spa", alla "Ecofor Service Spa" ed alla "Orione Srl". Tra gli indagati nel dispositivo dei magistrati, notificato questa mattina all'alba ai presunti responsabili del disastro, risulta indagato a piede libero anche Rosettano Navarra, ex presidente del Livorno e attuale socio del Pontedera. L'inchiesta odierna nasce da un filone che parte da quella madre, che accese i riflettori dei carabinieri forestale sull'impianto di depurazione del "Consorzio Industriale di Cassino", a Villa Santa Lucia. All'epoca finirono ai domiciliari l'amministratore delegato della "A&A", Riccardo Bianchi e il tecnico Amedeo Rota.

Le analisi sull'acqua esaminata dall'Arpa Lazio rivelarono valori di sostanze inquinanti superiori fino a cinquanta volte rispetto ai limiti consentiti dalla legge. Gli scarichi venivano falsamente certificati come depurati da tecnici compiacenti. L'appalto per la gestione dei fanghi tossici era stato affidato alla "Navarra Spa" con sede a Ferentino, considerata una delle migliori aziende per il trattamento dei rifiuti nocivi nel Lazio. I fanghi, però secondo chi indaga sarebbero stati smaltiti direttamente a Pontedera in Toscana, in un impianto gestito dalla "Ecofor Service". Il vantaggio per gli inquirenti che hanno coordinato le indagini era proprio che, la società che avrebbe dovuto trattare e rendere inerti i fanghi aveva guadagni enormi facendo risultare, ma solo su carta, l'avvenuta depurazione, risparmiando sui costi.

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