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Valerio Guerrieri morto suicida in carcere. La direttrice a processo: “Si poteva evitare”

Valerio Guerrieri si è tolto la vita a 22 anni nel carcere di Regina Coeli nel 2017, ma non doveva trovarsi lì bensì in una struttura per accogliere persone con disturbi psichici, una Rems, essendo le sue condizioni già state giudicate incompatibili con la detenzione carceraria. Ora per la sua morte rischia il processo la direttrice del carcere romano dove è morto, Silvana Sergia.
A cura di Alessandro Rosi
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Valerio Guerrieri, il ragazzo che si è suicidato in cella il 24 febbraio 2017
Valerio Guerrieri, il ragazzo che si è suicidato in cella il 24 febbraio 2017

Per la morte del detenuto Valerio Guerrieri il procedimento penale deve proseguire anche per la direttrice del carcere di quei giorni, Silvana Sergia, e una dirigente del Dap. L'ha deciso il gip Claudio Carini, che ha respinto la richiesta di archiviazione del pm Attilio Pisani per la seconda volta. Valerio Guerrieri si era suicidato nel carcere di Regina Coeli il 24 febbraio del 2017. Non doveva essere lì, perché nella sentenza con cui era stato condannato a quattro mesi di reclusione il giudice aveva indicato di trasferirlo in una Rems, residenza per l’esecuzione della misura di sicurezza (strutture che accolgono chi ha gravi disturbi mentali).

Questo non era accaduto e lui si era tolto la vita. Nel procedimento penale che si è aperto anche nei confronti della direttrice del carcere, il pm non ha ritenuto che ci fossero condizioni sufficienti per chiedere il processo. Di diverso avviso il gip, che ha rifiutato l'archiviazione. Ora quindi il pm sarà costretto a formulare l'imputazione. E le accuse vanno dall’omissione di atti d’ufficio al reato di morte come conseguenza di un altro delitto (solo per la direttrice c’è anche l’accusa di indebita limitazione di libertà personale). Per capire le accuse è però importante ricostruire i passaggi che hanno portato alla morte di Valerio Guerrieri.

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La morte di Valerio Guerrieri

Valerio Guerrieri era già conosciuto alla giustizia. Spesso rubava perché cleptomane. E nel 2014 il Tribunale dei minori lo dichiara incapace di intendere e di volere. Due anni più tardi, nel 2016, viene arrestato per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale durante un inseguimento. Viene trasferito in una Rems e poi torna a Regina Coeli. Nel 2017, il 14 febbraio, arriva la condanna a quattro mesi. Ma in quel processo c'è una perizia che dice: "Il paziente è ad alto rischio suicidario". Il giudice ordina quindi il ricovero in una Rems. La dirigente dell’ufficio VI della direzione generale detenuti del Dap, Grazia De Carli, ne trova una a Subiaco, ma lì non c'è posto. Si interrompono le ricerche. E in quei dieci giorni la situazione precipita. Valerio Guerrieri rimane a Regina Coeli e il 24 febbraio prende il lenzuolo del letto, ne fa una corda e si issa al tubo del bagno.

Imputati per la morte anche sette agenti della penitenziaria di Regina Coeli e un medico

Insieme alla direttrice del carcere e alla dirigente del Dap, il procedimento va avanti anche per sette agenti della penitenziaria di Regina Coeli e un medico, tutti già imputati. Quest'ultimo è accusato di omicidio colposo per non aver controllato in cella il ragazzo sottoposto «alla misura della grande sorveglianza». La decisione del gip soddisfa l'avvocato della famiglia di Valerio Guerrieri, Claudia Serafini: "Valerio avrebbe potuto essere ancora vivo, per questo ci siamo opposti a ogni richiesta di archiviazione". Ora bisognerà attendere gli ulteriori sviluppi del procedimento, che passerà al gup.

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