Vaia (Spallanzani) sulla pillola antivirale Paxlovid: “Curato il primo paziente”
"Abbiamo somministrato al primo paziente Covid-19 la pillola antivirale Paxloid". Sono le parole del direttore sanitario dell'ospedale di Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani Francesco Vaia, che in un'intervista rilasciata a il Corriere della Sera ha raccontato com'è andata la prima somministrazione del farmaco, per ora disponibile solo in ospedale. "Il paziente che l'ha ricevuta è un uomo di cinquantaquattro anni, affetto da patologie cardiovascolari. Ha preso le prime tre pasticche in ospedale e dovrà continuare a prenderne tre la mattina e tre la sera, per cinque giorni. Successivamente, terminata la prescrizione, dovrà farsi visitare in ambulatorio per accertarne l'efficacia e sottoporsi ad un controllo del suo stato di salute". Vaia è ottimista e spiega che le aspettative nei confronti del farmaco sono elevate perché "l’efficacia attesa è quasi del 90%". Il direttore sanitario ha ribadito al Corriere che "la pillola non sostituisce la vaccinazione contro il Covid-1, ma che è uno strumento integrativo, che può aiutare a ridurre il rischio delle ospedalizzazioni".
La differenza tra Paxloid e gli anticorpi monoclonali
A differenziare la pillola antivirale alle cure con gli anticorpi monoclonali, continua Vaia "è la modalità di somministrazione e la sua rapidità: la prima si dà al paziente per via orale e quindi più immediata, mentre i secondi si iniettano in vena con un’ora di infusione in ospedale e un'ora di osservazione del paziente che si è sottoposto alla cura. Una'altra diffezrenza è che gli antivirali sono indipendenti dalle varianti. La valutazione tra una tipologia di cura e l'altra verrà effettuata caso per caso, a seconda del quadro clinico del paziente". A ricevere per primi la pillola antivirale Paxlovid arrivata nei giorni scorsi allo Spallanzani, dov'è partito il reclutamento, saranno coloro i quali hanno contratto il virus e presentano elevati fattori di rischio, come obesità, patologie respiratorie, cardiovascolari, e pazienti oncologici e interesserà principlamente la fascia d'età tra i quaranta e i quarantanove anni, quella alla quale appartiene il maggior numero di persone non vaccinate.