Un altro guaio per lo stadio della Roma: alcune aree non sono ancora del Comune
Un altro guaio per lo stadio della Roma, con i tempi destinati ad allungarsi. Come abbiamo scritto, la Soprintendenza ha chiesto di eseguire alcuni scavi archeologici preliminari nell'area di Pietralata, ma questi saranno divisi in due fasi. Il motivo? Alcune zone incluse nel progetto stadio sono di proprietà del Comune di Roma, ma non ancora accessibili.
Questo è stato certificato dal dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica in una lettera inviata alla Soprintendenza Speciale di Roma in cui si ribadisce che alcune aree oggetto del piano di indagini archeologiche sono di proprietà del Comune di Roma, ma attualmente non sono "accessibili poiché concesse in detenzione precaria a terzi sia per usi abitativi che per attività produttive o occupati sine titulo".
Il dipartimento fa sapere che è stato avviato dagli uffici competenti "il processo di ripresa in carico di tali aree e/o di sgombero, che comporterà tempi più lunghi di quelli previsti dal Piano indagini".
Per questo motivo, spiegano i tecnici del dipartimento capitolino "abbiamo richiesto alla As Roma di dividere le attività di indagine archeologica in due fasi, in relazione alla disponibilità delle aree, come riportato negli elaborati allegati".
In sintesi: su alcune aree non è possibile eseguire le indagini archeologiche e quindi la richiesta alla Soprintendenza è quella di autorizzare gli scavi soltanto nelle zone previste dalla ‘fase 1'.
La nuova lettera pubblicata sul sito di Roma Capitale è stata notata dal ‘Coordinamento si al parco, si all'ospedale, no allo stadio', che attacca: Il Dipartimento Programmazione e attuazione urbanistica inizia finalmente ad ammettere tutte le falle di questo progetto andando a confermare quanto da noi sempre denunciato. Dopo aver ‘obbligato' il Comune a pubblicare le due lettere con cui la soprintendenza speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma ha richiesto sin da subito ‘una modifica progettuale anche nel posizionamento del corpo di fabbrica' il 9 febbraio è stata pubblicata una ulteriore lettera in cui il dipartimento conferma che diverse aree interessate dal progetto non sono in possesso del Comune di Roma, comunicando pertanto ‘tempi più lunghi di quelli previsti dal Piano Indagini presentato'".
Secondo il Coordinamento, il Comune di Roma "dovrebbe smetterla di cercare nuove scuse per giustificare ritardi e problemi, oggi individuate in fantomatiche occupazioni o procedure di reimmissione in possesso mai partite, e dovrebbe invece ammettere di aver celato sino ad ora una verità di cui era a conoscenza già da tempo. Emerge quindi una inconsapevolezza e una mancata conoscenza dell'area da parte del Comune e dei suoi portavoce politici, che hanno impegnato la cosa pubblica in un progetto senza prima aver effettuato alcuna verifica".
Per questi motivi i comitati hanno presentato nelle scorse ore un esposto al Nucleo Operativo Ecologico e al Comando unità forestali e ambientali dei carabinieri, "a cui abbiamo richiesto interventi immediati volti alla salvaguardia dell'habitat identificato da una perizia scientifica di parte, la cui salvaguardia e tutela per legge è prevista nella Direttiva Europea 92/43/CEE".