Uccise le figlie e si suicidò, a processo 2 medici che lo visitarono: non gli tolsero la pistola
Il carabiniere Luigi Capasso aveva già manifestato diversi disturbi ma nessuno gli tolse la pistola che utilizzò per ferire la ex moglie, uccidere le figlie e poi suicidarsi. Per questo motivo il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Latina Mario La Rosa, su richiesta del pubblico ministero Giuseppe Bontempo ha rinviato a giudizio i medici Quintilio Facchini e Chiara Verdone, maggiore dell'Arma dei carabinieri. Secondo gli inquirenti infatti non avrebbe dovuto avere la pistola, aveva già minacciato la sua ex moglie, gli era stata tolta ma poi restituita. Entrambi dovranno rispondere davanti al giudice dell'accusa di omicidio colposo per aver sottovalutato lo stato di salute del militare e per non avergli tolto l'arma, con la quale ha compiuto quella che è ormai tristemente nota come la strage di Cisterna di Latina, che si è consumata l'8 febbraio 2018. Antonietta Gargiulo, sopravvissuta alla tragedia, si è costituita parte civile nel processo e tre giorni fa sui social network ha scritto: "Una grande tristezza… ci potevamo salvare. Ma nessuno mi ridarà le mie bambine. Non ci sono parole. Solo una: giustizia. L'amore è verità".
La strage di Cisterna di Latina
I drammatici fatti che hanno portato alla morte delle due bambine, al grave ferimento della mamma e al suicidio dell'appuntato sono avvenuti quattro anni fa, all'alba di una mattina d'inverno in una villetta in località Le Castella, nel territorio della provincia di Latina. Secondo quanto ricostruito in sede d'indagine Capasso non si era rassegnato alla fine del suo matrimonio. Antonietta stavva per andare al lavoro quando Capasso le ha sparato, ferendola gravemente con tre colpi di pistola. Poi è salito in casa ha raggiunto la cameretta e ha ucciso nel sonno le figlie Alessia e Martina, di 13 e 7 anni, per poi suicidarsi dopo una lunga trattativa con i colleghi, purtroppo non andata a buon fine.