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Uccide la moglie in crociera gettandola in mare, motivazioni della sentenza: “Incastrato dalla fede”

Secondo i giudici della prima Corte d’Assise che hanno condannato a 26 anni di carcere Daniel Belling, a tradire l’uomo sarebbe stata la mancanza della fede. Prima della scomparsa la indossava, dopo, non più.
A cura di Natascia Grbic
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Daniel Belling, l'uomo accusato di aver ucciso la moglie Li Yingley durante una crociera, è stato condannato in primo grado a ventisei anni di carcere. I giudici della prima Corte d'Assise, secondo quanto riportato da Il Corriere della Sera, nelle motivazioni della sentenza hanno spiegato che prima del 10 febbraio (giorno della scomparsa della moglie) indossava la fede. Le immagini che lo ritraggono nei giorni successivi lo ritraggono invece privo dell'anello: un gesto che, secondo i giudici, farebbe propendere per la tesi del femminicidio. Il corpo della donna, scomparsa sulla nave da crociera, non è mai stato trovato.

Secondo chi indaga, Belling avrebbe ucciso la moglie nella loro cabina, davanti ai figli, e avrebbe poi fatto sparire il corpo gettandolo in mare. Nessuna telecamera ha però ripreso l'uomo mentre si sbarazzava del corpo: nonostante questo, per i giudici ci sarebbero pochi dubbi, non si è trattato di suicidio. Belling, che non aveva nemmeno denunciato la scomparsa della moglie, è stato arrestato il 22 febbraio, mentre stava per tornare in Germania con i figli piccoli. Agli inquirenti ha sempre raccontato di non aver denunciato la scomparsa perché convinto la donna si fosse allontanata volontariamente. Uno scenario che gli inquirenti non ritengono credibile.

Il rapporto tra Li Yingley e Adam Belling non era buono. La coppia era in crisi da diverso tempo, lei lo aveva anche denunciato per maltrattamenti. I figli non hanno mai fornito elementi in grado di ricostruire l'accaduto: del resto all'epoca erano molto piccoli e potrebbero non ricordare bene quella notte di ormai sette anni fa. I legali dell'uomo, gli avvocati Luigi Conti e Laura Camomilla, d'altronde, hanno comunicato che ricorreranno in appello contro la sentenza di primo grado. "Le motivazioni sono illogiche, vanno contro le evidenze emerse durante il processo – hanno dichiarato – I giudici inizialmente avevano colto i nostri dubbi. Poi la corte è cambiata. Sarà nostra cura ricorrere in appello per far rivedere questa sentenza".

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