È il gennaio del 2009 quando l'allora sindaco Gianni Alemanno emana la prima e propria ordinanza anti movida, che prevede il divieto di vendita di alcolici d'asporto dalle 21.00 nei quartieri di Campo de Fiori, Testaccio e Trastevere. Ordinanza che segue le prime regole contro la vendita di bevande in vetro e la militarizzazione del centro storico della città e di alcuni quartieri come San Lorenzo, avvenuto negli anni immediatamente precedenti – sindaco Walter Veltroni – al culmine di una lunga campagna di stampa sugli eccessi delle notti dei giovanissimi per i vicoli attorno a Campo de Fiori e di Trastevere.
Oggi, tredici anni dopo, l'ennesima ordinanza prosegue la striscia ininterrotta di provvedimenti tesi a scoraggiare fenomeni di intemperanza o violenza legati alla cosiddetta movida. Questa volta a chiedere a gran voce il provvedimenti ci sono le presidenti dei municipi di San Lorenzo e del centro (I e II), e il cuore del provvedimento riguarda la chiusura dei mini market, "colpevoli" di vendere bevande alcoliche a un prezzo ridotto rispetto a pub, bar e ristoranti, e l'assunzione da parte degli esercenti di steward, ovvero l'introduzione di un servizio di sicurezza privato che affianca il controllo delle forze dell'ordine.
Tredici anni non sono pochissimi, e vedere i risultati di queste politiche basterebbe a certificare il loro fallimento. Ma a ogni stagione il panico sociale sulla movida si riaccende e la politica risponde allo stesso modo: si va al tavolo per l'ordine pubblico e la sicurezza in prefettura e si emana una nuova ordinanza. Non sarebbe invece ora di cambiare approccio al problema? La risposta sembra ovvia: lasciare la strada vecchia per la nuova sarebbe davvero la cosa più saggia da fare.
Il punto non è negare le criticità: una grande quantità di persone che si divertono concentrate in pochi luoghi creano dei disagi, prima di tutto ai residenti. Poi c'è la mancanza di orinatoi con le ovvie conseguenze, il traffico congestionato nella notte, per non parlare dei problemi connessi al consumo di bevande alcoliche e stupefacenti. Finora la risposta è stata tentare di limitare le presenze in alcuni quartieri spingendo a consumare nei locali, quindi tagliando fuori chi ha meno soldi in tasca e contando su posti per forza di cosa limitati, e limitare gli orari.
Roberto Gualtieri durante la campagna elettorale aveva promesso un approccio diverso alla questione, con l'istituzione "della figura del ‘sindaco della notte', un delegato del Sindaco che si occuperà in maniera stabile e continuativa delle questioni che riguardano la notte". Finora non è andata così ed eccola, chiesta a gran voce proprio da una parte consistente del Partito Democratico, l'ennesima ordinanza.
Poche, anche a sinistra, le voci critiche. Tra queste quelle di Arci che sottolinea: "Dalla promessa di un “sindaco della notte” all’ennesima ordinanza restrittiva sulle chiusure notturne. Ragionare sulla cosiddetta movida solo in termini di chiusure anticipate e polizia nelle strade non risolverà certo i problemi di sicurezza in città. Un’ordinanza restrittiva confermerebbe sicuramente lo stesso approccio brutale, brandito da altre giunte contro gli stili di vita e le culture giovanili. Speriamo che i provvedimenti non si ritorcano contro i luoghi della promozione culturale. Non possiamo saperlo perché a nessuno dei decisori è saltato in mente di ascoltarci. Roma ha bisogno di politiche partecipate e condivise al tema della notte".