Tre lavoratori Ama morti per coronavirus, protestano i colleghi: “Vogliamo sicurezza sul lavoro”
Tre dipendenti Ama sono morti nell'ultima settimana a causa di complicazioni derivanti dal coronavirus. Ce l'hanno messa tutta, hanno combattuto per giorni prima di soccombere alla polmonite, che non gli ha lasciato scampo. Grande cordoglio tra i colleghi di Tor Pagnotta, dove lavoravano Pino Raso e Pietro Addresse, entrambi capi-squadra, e tra quelli del Salario, dove invece prestava servizio Nicola Barbato. "Ancora due morti in Ama – scrivono i lavoratori tramite la pagina Facebook LILA Laboratorio Idee Lavoratori Ama – A pochi giorni dalla morte di Nicola, in pochissimo tempo ci porta via altri due meravigliosi colleghi, Pietro e Pino. Due bravi e professionali capi officina che lavoravano nello stesso reparto/ufficio all'interno dello stabilimento di Tor Pagnotta. All'enorme dolore per queste premature scomparse si aggiunge il nostro profondo dispiacere per i loro famigliari a cui facciamo le nostre più sentite condoglianze. Dopo questi ultimi lutti, la situazione di smarrimento e tristezza per tutti noi è forte, ma dobbiamo reagire cercando di fare la massima attenzione, in special modo nei luoghi chiusi con insufficiente areazione".
La protesta a Tor Pagnotta
Tra i colleghi di Pino Raso e Pietro Addesse, è forte il sospetto che i due abbiano contratto il coronavirus sul luogo di lavoro. Per questo stamattina è stata indetta una protesta nello stabilimento Ama di Tor Pagnotta, con i lavoratori che si sono fermati per chiedere maggiore sicurezza sul luogo di lavoro. "Un segnale – scrive su Facebook Flavio Vocaturo del Pd Ama – per sollecitare Ama e Campidoglio ad aumentare i controlli e le misure di sicurezza per il Covid-19, dopo che sono morti 3 colleghi in una settimana".
La replica di Ama
Le accuse sono state respinte dalla municipalizzata, che ha dichiarato come "già dalle primissime avvisaglie dell’epidemia a gennaio 2020, ha immediatamente posto in essere tutte le necessarie misure a tutela della salute dei lavoratori". E aggiunge: "I protocolli di sicurezza su tutti i luoghi di lavoro sono stati aggiornati e adeguati con il mutare del quadro epidemiologico e a ciò si è sempre affiancata la capillare distribuzione di dispositivi di protezione individuali (mascherine, guanti e tute). Non corrispondono assolutamente a verità le notizie secondo cui sarebbe stato consentito l’accesso alle sedi aziendali a dipendenti che presentavano sintomi febbrili o riconducibili a un possibile contagio. A tutti i lavoratori viene costantemente ricordato l’obbligo di restare a domicilio in caso di temperatura corporea rilevata superiore ai 37,5 gradi, come peraltro raccomandato ai cittadini fin dal primo Dpcm dell’8 marzo e come indicato quale obbligo, in particolare per i lavoratori, fin dal primo protocollo fra il Governo e le parti sociali sottoscritto il 14 marzo 2020″.