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Torna in Turchia la ‘Sposa del Deserto’: il reperto era stato trafugato dopo scavi clandestini

Si tratta di una stele funeraria risalente fra la fine del II secolo a.C. e quella del II secolo d.C. prelevata dalla necropoli di Zeugma, in Turchia, durante degli scavi clandestini.
A cura di Beatrice Tominic
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La stele funeraria della Sposa del deserto rinvenuta dai carabinieri.
La stele funeraria della Sposa del deserto rinvenuta dai carabinieri.

È stata affidata all'Ambasciata della Turchia a Roma nella mattinata di oggi la stele funeraria chiamata a fine indagine Sposa del deserto che era stata prelevata dalla necropoli di Zeugma, in Turchia, durante alcuni scavi clandestini e, successivamente, esportata in maniera illecita dal Paese di provenienza. A recuperarla, i Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Venezia (Tpc), coordinati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze.

Il reperto secondo gli studiosi è uno degli esempi con maggiore importanza storica, archeologica e artistica del periodo romano antonino, compreso fra il secondo quarto del II secolo fino alla fine del II secolo d.C: analizzando la stele funeraria si potrà accendere una nuova luce sulle ricerche di Zeugma.

L'incontro istituzionale con l'ambasciatore per consegnare il reperto è avvenuto nella  capitale stamattina alla presenza del vice direttore generale del Ministero della Cultura e del Turismo turco, Yahya Coskun; Zeynep Boz e Burcu Özdemir, del Dipartimento per la lotta al traffico illegale del predetto ministero.

La stele funeraria della Sposa del deserto ritrovata a Zeugma

La stele funeraria è realizzata in pietra calcarea, spesso utilizzato per statue e steli della necropoli di Zeugma in epoca romana. Di forma rettangolare, presenta una nicchia con sommità ad arco: al suo interno c'è il busto di una donna, probabilmente una nobile sposa romana, che indossa un chitone e un velo drappeggiato che copre la testa, detto himation, afferrato dalla mano destra, appoggiata al seno. Sotto al busto c'è l'iscrizione funeraria in greco antico: “Satornila, la moglie che ama suo marito, addio!”.

Il reperto appare totalmente in linea con gli altri rinvenuti nella necropoli turca, a cui somiglia per dimensioni, rappresentazione iconografica, stile e maniera dell’opera: anche le tracce di terreno concrezionato sulla stele, oggetto di analisi, rimandano alla città turca.

Grazie al suo ritrovamento, gli esperti e le esperte sono convinti che possano esserci maggiori sviluppi per gli studi sulla necropoli, dalla ricerca prosopografica e genealogica a Zeugma, alla scoperta dell'esistenza di famiglie locali che in seguito acquisirono nomi latini dopo aver ottenuto la cittadinanza romana.

La città di Zeugma e la sua necropoli

Fondata intorno al 300 a.c. da Seleuco Nicatore, il generale di Alessandro Magno, la città di Zeugma si trova sulla riva destra del fiume Eufrate, oggi nella provincia di Gaziantep, in Turchia. È famosa per i mosaici romani, nonostante sia stata storicamente conquistata e occupata anche da altri popoli, attratti dalla posizione strategica per gli scambi commerciali.

Il ritrovamento durante una perquisizione

Ritrovata nel marzo dello scorso anno, è stata trovata dai carabinieri durante la perquisizione domiciliare di una persona già oggetto d’indagini che l'avrebbe acquistata tempo prima in Francia: per l'oggetto aveva richiesto un certificato d’ingresso temporaneo all’Ufficio Esportazione di Firenze, che si occupa di queste questioni, presentando il reperto come proveniente da contesti archeologici italiani. Questo documento permette di poter vendere ed esportare l'oggetto per una durata di 5 anni a prescindere dal valore culturale. Quando l'Ufficio Esportazione di Firenze ha chiesto per le verifiche necessarie ulteriori documenti è stata ritirata la domanda per il certificato.

Uno degli altri oggetti ritrovati nel corso delle indagini: si tratta di riproduzioni che circolavano nel mercato artistico come beni autentici: oggi sono stati contrassegnati con le apposite indicazioni.
Uno degli altri oggetti ritrovati nel corso delle indagini: si tratta di riproduzioni che circolavano nel mercato artistico come beni autentici: oggi sono stati contrassegnati con le apposite indicazioni.

Gli altri oggetti rinvenuti

Non si tratta dell'unico oggetto rinvenuto durante questa indagine: sono state ritrovate, infatti, altre quattro riproduzioni moderne di preziosi reperti archeologici, che già circolavano nel mercato internazionale come beni autentici, a cui sono state apposte le previste indicazioni di non autenticità.

Nel corso delle indagini, inoltre, hanno collaborato anche la “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” in uso ai CC TPC e il Servizio di Cooperazione Internazionale di polizia e, per gli accertamenti necessari, Università di Bologna, Harvard e Lyon, le Soprintendenze A.B.A.P. di Venezia e di Padova, il Centre National de la Recherche Scientifique. Una volta accertata la provenienza del bene, hanno collaborato anche il Combating Illicit Trafficking Department – Unit of International Affairs del Ministero della Cultura e del Turismo turco e l’Università di Ankara.

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