Test Covid in vendita al supermercato, ma i risultati sono attendibili?
Da qualche settimana sono in vendita nei supermercati i test sierologici fai da te per rilevare la presenza o meno degli anticorpi al Covid-19. Una novità attesa da molti, ma che non sostituirà la necessità di fare tamponi antigenici e molecolari al fine di una diagnosi certa. Questi test sono attendibili? Dopo essere andati a comprare il prodotto da pochi giorni in vendita – e aver verificato che vanno letteralmente a ruba – in un comunissimo supermercato di Roma – l’abbiamo testato con l’aiuto di una persona che ha ricevuto la prima dose del vaccino Astrazeneca, e fatto leggere il risultato a due medici in prima linea nella lotta alla pandemia.
Ma come funziona il test? Al suo interno troviamo un flaconcino contagocce contenente il diluente COVID-19 IgG/IgM Rapid test, una pipetta per il prelievo del sangue, due lancette pungidito sterili, una cassetta di COVID 19 IgG/IgM Rapid test, una garza detergente antisettica.
Disinfettiamo l’anulare con la garza detergente antisettica, premiamo con la lancetta la punta del dito, prendiamo la pipetta e mettiamola a contatto con il sangue. Lasciamone cadere una goccia nella placchetta bianca e diluiamo il tutto con la soluzione COVID-19 IgG/IgM Rapid test. Dopo 10 minuti vedremo comparire le classiche righe di colore rosso, una, due o tre a seconda del risultato. Nel test che abbiamo eseguito, su una persona che ha già ricevuto la prima dose di Astrazeneca il 27 febbraio scorso e in attesa della seconda, vediamo comparire una linea rossa netta sulla C e una più sbiadita in corrispondenza della G. Cosa significa?
A spiegarcelo è il professor Sergio Bernardini, direttore del laboratorio analisi del Policlinico Tor Vergata di Roma: “La prima banda indica una positività del test mentre quella più sbiadita corrisponde alla presenza delle immunoglobuline di tipo G il che potrebbe significare due cose: o che si tratta di un falso positivo o che ha veramente sviluppato gli anticorpi IgG. Il problema è che essendo così labile il colore è veramente difficile per un singolo interpretarne il risultato, avremmo bisogno di un test quantitativo in laboratorio per arrivare ad una soluzione”.
“Il test, sulla confezione, riporta un’affidabilità del 98,3% ma questi valori sono basati su un’autocertificazione dell’azienda stessa – continua Bernardini – il marchio CE VD che troviamo sul marchio non è quindi sinonimo di certezza diagnostica. Questo tipo di test è infatti più accurato nella fase acuta della malattia ma non in quella di decrescita perché ha una sensibilità minore rispetto alle analisi svolte in laboratorio e sicuramente non in grado di darci una risposta chiara”.
“Fare questo tipo di test dopo un vaccino – spiega Enrico Di Rosa della società italiana di igiene e direttore del Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’Asl Rm1 – non può guidarci nelle nostre azioni di vita sociale nel periodo della pandemia perché ha una validità clinica limitatissima. Dovremmo sempre rivolgerci al nostro medico di base o a un laboratorio analisi”.
Quello che si chiedono entrambi è come si comporterà la persona che ha fatto il test, si sentirà più sana e protetta e quindi libera di poter tornare ad una vita normale? Che effetto avrà la diffusione di questo tipo di test in una fase così delicata come quella delle riaperture?