Teatro di Roma: le istituzioni fanno pace su nomine e poltrone, ma le denunce di mobbing occupano la scena
Oggi si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della nuova stagione di Teatro di Roma. Dopo le violentissime polemiche e le accuse incrociate, doveva certificare la pace siglata tra le istituzioni. Ma a fare da terzo incomodo ci sono le risposte mai arrivate all'inchiesta di Fanpage.it, e alle proteste di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo. Al Teatro Argentina prendono la parola il presidente della Fondazione Francesco Siciliano, l'assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotor e quella della Regione Lazio Simona Baldassarre. Presente anche il presidente della Commissione Cultura alla Camera dei Deputati Federico Mollicone, plenipotenziario per gli affari culturali di Fratelli d'Italia.
Rappresentanti politici e vertici del TdR, sul palco dell'Argentina hanno mostrato una concordia che sembrava sincera, dopo lo scontro istituzionale che ha portato alla nomina di Luca De Fusco con il parere contrario dell'azionista di maggioranza, il Campidoglio. Dopo aver urlato al golpe della destra, è tornata però la pace con una riforma della governance che prevede un direttore artistico (De Fusco) e un direttore generale con funzioni manageriali (che sarà nominato con il favore di Roma Capitale).
“Ho chiamato Luca De Fusco e gli ho detto ‘Per me la guerra è finita ieri'". Così Siciliano racconta di aver offerto subito a De Fusco il calumet della pace, nonostante contro la sua nomina abbia smosso mari e monti arrivando a parlare di "atto squadrista". Il direttore artistico gli fa subito eco: "Sapete cosa ho risposto? ‘Ma quale guerra, io neanche il militare ho mai fatto'". E giù pacche sulle spalle. Lo ripetono tutti Mollicone, Gotor e Siciliano, la "dialettica" alla fine fa bene in democrazia. E ora le istituzioni snocciolano gli obiettivi comuni: più fondi per Teatro di Roma, con il riconoscimento di uno statuto speciale a livello nazionale alla Fondazione; la riapertura del Teatro Valle; l'aumento dei numeri e delle presenze già oggi molto importanti. Mollicone si impegna non solo a perorare la causa del teatro per avere più fondi, ma anche per il riconoscimento del Teatro Argentina e del Teatro Valle come monumenti nazionali. Parlando del teatro e delle sue origini, Gotor spiega: “La democrazia è conflitto, che deve però avvenire nel rispetto delle opinioni differenti, con un obiettivo comune: l’interesse pubblico”.
"Un giorno il Tg3 ha messo la notizia della mia nomina in apertura del notiziario. Forse la pubblicità, anche se un po' strana, ha avuto un effetto positivo perché le presenze sono aumentate da quando si è parlato della mia nomina, anche se il merito è tutto del programma di Giovanna Marinelli (l'ex commissaria ndr). Quando sono arrivato ho trovato un teatro fantastico. La struttura di questo teatro ha retto senza direttore per degli anni, e questo vuol dire che è fatto da persone fantastico, un grande staff dove non si amano precisamente tutti con tutti, ma amano tutti tantissimo il teatro", dice De Fusco, prima di illustrare il programma con 48 spettacoli in cartellone. Un'ultima parola la dedica a chi ha manifestato negli scorsi mesi contro la nomina: "Strano che abbiano scelto di manifestare ora fuori l'Argentina e non per i quattro anni in cui non c'è stato nessun direttore".
Dopo i lunghi interventi istituzionali, arriva il momento delle domande. E succede l'inevitabile: i lunghi mesi di contestazione dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche le mancate risposte all'inchiesta di Fanpage.it sulle condizioni di lavoro nel teatro, escono allo scoperto. La pax presentata sul palco non ha convinto tutti. La domanda sull'inchiesta del nostro giornale la fa Andrea Pocosgnich di Teatro e Critica che interviene per secondo: "Volevo chiedere dell'inchiesta di Fanpage.it sugli abusi e sul clima che si vive nel teatro, che conosciamo solo dal punto di vista della cronaca, che effetti ha avuto?". Il giornalista fa anche notare che le regie al femminile sono un numero davvero esiguo sui 48 spettacoli in cartellone, appena cinque.
Risponde De Fusco che prima dice di trovare "aberrante" l'idea di valutare una proposta di una regia in base al fatto se la regista è di un uomo e di una donna e poi, in merito alle denunce e alle inchieste dice di essere "garantista" e quindi, se quelli che c'erano prima non hanno valutato d'intervenire, ora attende eventuali nuovi elementi per agire. Risposte che hanno come effetto un brusio diffuso in platea, soprattutto per la risposta sulla presenza femminile nel programma: se le quote rosa forse non sono la soluzione, certo la sotto rappresentazione femminile nel programma non è un argomento da liquidare con una battuta sul fatto che sono poche evidentemente le donne con proposte teatrali valide. Ma la contestazione aperta arriva quando domandiamo se si vuole fare di Teatro di Roma un modello per il lavoro di qualità, arrivando a essere un'istituzione culturale a precarietà zero. Sollecita la risposta di Siciliano e De Fusco, che nel frattempo sono rimasti da soli (visto l'andazzo tutti i rappresentanti politici e istituzionali, uno alla volta, hanno lasciato il palco). Direttore artistico e presidente confermano entrambi di voler avviare un percorso di stabilizzazione, laddove oggi abusi contrattuali e precarietà sono la norma.
Poi De Fusco dice essere a sua volta un precario: “Anche io e Massimo (Popolizio ndr) siamo precari, io sono precario da tutta la vita". A quel punto una parte della platea esplode. Una lavoratrice dello spettacolo senza aspettare il microfono dice: “Lei è precario con 150.000 di stipendio da direttore più le regie che si paga nello stesso teatro che dirige, non siamo uguali per niente". I precari dello spettacolo si alzano, srotolano uno striscione e questa volta al microfono viene letto un comunicato molto duro, non solo all'indirizzo di De Fusco, ma anche dell'amministrazione comunale e del presidente della fondazione. Lavoratori e lavoratrici parlano di un teatro stabile chiuso nella sua Torre d'Avorio, "una monocultura da ancien régime" fatta da uomini bianchi un po' attempati che si scambiano incarichi, regie, spettacoli in cartellone, senza giovani artisti, donne, innovazione e senza respiro internazionale.
Poi ancora una volta si torna sull'inchiesta su mobbing e abusi: "Sia il presidente Siciliano che l'assessore Gotor non hanno preso nessuna posizione. La politica non interviene, mentre la dirigenza insabbia. Le avete trattate come illazioni. Oggi diamo una notizia: è stata recapitata una diffida formale tramite uno studio legale che racconta le suddette molestie. Nonostante questo, ancora nessuno è intervenuto". Nonostante il tentativo di far tornare tutto alla normalità ricomponendo lo scontro istituzionale, il Teatro di Roma è ancora sotto i riflettori.