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Tamara Pisnoli dopo la condanna per estorsione e rapina: “Sono innocente, lo dimostrerò in appello”

In una lettera inviata a Il Corriere della Sera, Tamara Pisnoli ha dichiarato di essere innocente. “Una sentenza severa, resa da un Tribunale che ho visto attento agli argomenti della mia difesa, ma che, secondo me, è profondamente sbagliata”.
A cura di Natascia Grbic
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"Sono innocente e lo sosterrò con forza nel giudizio di appello". Così Tamara Pisnoli, l'ex moglie del calciatore della Roma Daniele De Rossi, condannata in primo grado a sette anni e due mesi di reclusioneper tentata estorsione e rapina aggravata. In una lettera pubblicata da Il Corriere della Sera, ha raccontato la sua versione dei fatti.

"Mi vengono difatti addebitati alcuni comportamenti ("fategli pulire il sangue, portatelo a fare il bonifico e poi ammazzatelo"; poi, "Lei dà l’ordine e quelli partono come mastini per picchiarmi"; ancora, "senza battere ciglio ha ordinato di ammazzarmi"), di grandissima rilevanza, eppure mai, mai mai, neppure accennati nei numerosissimi interrogatori fatti dalla parte civile. Interrogatori (che metto a Vostra disposizione) resi ai Carabinieri, ai Pubblici Ministeri, in aula davanti al Tribunale. Dove costantemente, la stessa parte civile, seppure incalzata dalle domande, ha radicalmente escluso che io abbia mai dato ordini o solo incoraggiato gli autori dell’aggressione. Da cui, sia chiaro, ho immediatamente preso le distanze".

Una descrizione dei fatti che, dichiara Pisnoli, sarebbe "feroce e menzognera", oltre che "ulteriore dimostrazione di contraddittorietà". "Considerando che anche il Pubblico Ministero, che ha chiesto ed ottenuto la mia condanna, nel corso della sua requisitoria rilevava come nel mio caso la valutazione in ordine alla attendibilità della persona offesa e la sua testimonianza fosse un elemento centrale del processo".

La 39enne è finita a processo perché accusata di aver estorto denaro e fatto picchiare l'imprenditore Antonello Ieffi, ex compagno di Manuela Arcuri. Secondo l'accusa, l'ex ballerina di Sarabanda avrebbe mandato Francesco Camilletti e Francesco Milano (anche loro condannati in primo grado) a pestare Ieffi, costretto a seguire i due in un appartamento. All'imprenditore sarebbero stati prestati 84mila euro, ma ne sarebbero stati richiesti fino a 200mila.

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