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Suicidio nel carcere di Frosinone, 21enne si uccide inalando il gas di una bombola da campeggio

Un detenuto 21enne si è ucciso con il gas di una bombola da campeggio a Frosinone. Si tratta dell’ennesimo suicidio in carcere.
A cura di Alessia Rabbai
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Tragedia nel carcere di Frosinone, dove un ragazzo di ventuno anni si è suicidato. L'episodio, l'ennesimo suicidio in carcere, è avvenuto nel pomeriggio di ieri, giovedì 27 giugno. Come rende noto il garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasìa il giovane è morto "dopo aver inalato il gas della bomboletta da campeggio che aveva in cella. Non sapremo mai se si è trattato di un suicidio o di una morte accidentale, dovuta all’abuso dell’inalazione del gas, dunque se si è trattato di un suicidio volontario o di un suicidio involontario. Sempre e comunque di un suicidio si è trattato, di un ragazzo di 21 anni". Da capire, tra gli altri aspetti della vicenda, come sia stato possibile che abbia avuto accesso alla bombola e perché nessuno si sia accorto di cosa stesse facendo.

Come appreso da Fanpage.it il giovane era detenuto in attesa di giudizio dallo scorso febbraio, dunque destinatario di una misura di custodia cautelare provvisoria, ma aveva problemi di salute mentale e probabilmente la sua condizione non era compatibile con il carcere, piuttosto sarebbe dovuto stare in una struttura apposita, come ad esempio una rems. Era stato infatti ricoverato in ospedale e sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio. Non era la prima volta che tentava di togliersi la vita. Ora si attendono i risultati degli esami autoptici e tossicologici.

"Urgente ridurre la popolazione carceraria"

"Da settimane il governo annuncia un decreto che non c’è e, se ci sarà, non cambierà le cose – continua Anastasìa – È urgente un provvedimento deflattivo, che riduca la popolazione detenuta agli autori dei reati più gravi, nel numero adeguato non solo agli spazi detentivi, ma anche al personale in servizio che, se va bene, potrebbe gestire 40-45mila detenuti, non i 61mila che c’è ne sono ora. Tutti gli addetti ai lavori, dai magistrati di sorveglianza al personale penitenziario, anche di polizia, dai garanti agli avvocati, sanno che solo un provvedimento di amnistia e indulto, limitato ai reati puniti fino e ai residui pena inferiori ai due anni, potrebbe ristabilire in tempi rapidi condizioni di vita e di lavoro dignitose in carcere. Se continuiamo così, sarà un’estate di lacrime e dolore".

"Serve un piano regionale per la prevenzione dei suicidi in carcere"

Alla Regione Lazio nel frattempo l'assessora al Personale, alla Sicurezza urbana, alla Polizia Locale, agli Enti Locali e all’Università della Regione Lazio Luisa Regimenti annuncia che sono in cantiere nuovi bandi per il reinserimento sociale dei detenuti e per garantire il diritto all’istruzione. L'intenzione, spiega, è promuovere un tavolo di lavoro interistituzionale che coinvolga il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, il garante delle persone private della libertà personale, le Asl e le associazioni che operano negli istituti penitenziari per mettere in piedi un piano regionale per la prevenzione dei suicidi negli istituti penitenziari. L’ennesimo suicidio di ieri in un istituto penitenziario, dichiara Regimenti rappresenta "una sconfitta per lo Stato e per tutti coloro che credono nel valore rieducativo della pena e nella possibilità per i detenuti di poter iniziare una nuova vita dopo il carcere".

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