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Sparatoria a Fidene

Strage Fidene, gli psichiatri che hanno visitato Campiti: “Pensa di essere in guerra, è pericoloso”

Secondo gli psichiatri del carcere di Regina Coeli, Claudio Campiti soffre della ‘sindrome dell’Apocalisse’: è convinto di essere sotto assedio, ed è una persona molto pericolosa.
A cura di Natascia Grbic
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Una persona pericolosa, in preda a un delirio paranoide ma allo stesso tempo lucida e capace di organizzarsi per ottenere tutto ciò che vuole. È la descrizione che gli psichiatri del carcere di Regina Coeli hanno fatto oggi in aula di Claudio Campiti, l'uomo che l'undici dicembre 2022 ha ucciso quattro donne nel gazebo di un bar a Fidene, mentre era in corso la riunione del consorzio Valleverde. L'uomo, accusato di omicidio volontario, è stato arrestato subito dopo la strage: convinto di essere vittima di un complotto, non ha mai chiesto scusa per gli omicidi, ed è anche capitato che in aula insultasse i familiari delle vittime.

"Campiti soffre della sindrome dell'Apocalisse, quello stato paranoico tipico di chi pensa di essere sotto assedio e aspetta la guerra. È una persona pericolosa che può organizzarsi per ottenere ciò che vuole. Una persona lucida", hanno dichiarato in aula i medici.

Campiti era convinto di aver subito dei torti dal Consorzio Valleverde, un residence di Villette nella zona del lago del Turano, soprattutto seconde case per chi abita a Roma. Claudio Campiti lì, invece, ci viveva. Ma la sua casa non era mai stata completata: lo scheletro della villetta, alla quale era appeso uno striscione con scritto ‘Consorzio Raus' e il link del suo blog, capeggiava su quello che avrebbe dovuto essere il tetto. Il 57enne abitava al piano terra, in stanze che non erano agibili, dove aveva accumulato ogni sorta di oggetto e rifiuto. Nel blog che aveva creato, vomitava tutti i suoi insulti contro il consorzio Valleverde, che accusava di avergli rovinato la vita con l'acquisto di quella casa. L'undici dicembre, mentre si teneva la riunione tra direttivo e inquilini e Fidene, è entrato nella sala sparando all'impazzata e uccidendo quattro donne. L'arma l'aveva rubata dal poligono di tiro di Tor di Quinto, dove andava abitualmente a esercitarsi, nonostante il porto d'armi gli fosse stato negato per lo stato mentale in cui versava. A processo è finito anche il presidente della sezione tiro a segno nazionale di Roma e un dipendente addetto al locale dell'armeria.

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