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Sparatoria a Fidene

Strage di Fidene, killer denunciato 3 volte dai residenti: “Aveva minacciato di sparare ai bambini”

Le denunce nei confronti di Campiti erano rimaste lettera morta. Gli unici ad averle valutate erano stati i carabinieri della stazione di zona, che gli avevano negato il porto d’armi.
A cura di Emilio Orlando
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Tre querele per minaccia e alcune per contenziosi legati a ferraglia che aveva accumulato davanti al rudere dove viveva. Nel mese di agosto scorso, Claudio Campiti aveva minacciato di morte, dicendo che avrebbe sparato, dei ragazzini che stavano giocando a pallavolo su un'area attrezzata del consorzio "Valleverde" nel comune di Ascrea in provincia di Rieti, sulle alture intorno al lago del Turano.

Il 57enne ex assicuratore, che nel 2012 aveva perso il figlio Romano in un tragico incidente in Val Pusteria, durante la discesa con lo slittino su una pista da sci, domenica mattina ha ucciso Sabina Sperandio, Elisabetta Silenzi, Nicoletta Golisano e ne ha ridotta un' altra in fin di vita durante una riunione di condominio. Era diventato negli ultimi anni, rancoroso, violento verbalmente e ossessionato da manie di persecuzione che lo avevano portato a odiare i vertici dell'amministrazione del consorzio.

Ma nonostante gli allarmi su un disagio mentale evidente dell'uomo, che gli scaturì dopo la perdita del figlio, Campiti andava regolarmente al poligono di tiro del "Tiro a Segno Nazionale", dove per esercitarsi a sparare non serve il porto d'armi, ma una iscrizione corredata dalla presentazione di un certificato, rilasciato dal medico di famiglia, di sana e robusta costituzione e anche mentali. Secondo la ricostruzione effettuata fino ad ora, dai carabinieri del comando provinciale di Roma, coordinati dal sostituto procuratore Giovanni Musarò, il pluriomicida aveva premeditato di uccidere tutti i partecipanti alla riunione e in particolare le donne che componevano il consiglio d'amministrazione.

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In un post sul suo Blog personale, Campiti aveva definito la presidente del consorzio Valleverde (rimasta ferita gravemente da un proiettile) una "strega vestita da nonnina". Prima di chiudere dietro di se le porte del Gazebo aveva urlato "adesso vi ammazzo tutti", come ha riferito un testimone. Ma fino a pochi minuti prima, il killer era disarmato. Un piano ordito nei minimi particolari, dal sistema studiato per per procurarsi la Glock calibro 9 con cui ha ucciso al tragitto di 9 chilometri che da Tor Di Quinto ha fatto bordo con l’auto per raggiungere il gazebo dove si teneva l’assemblea dei consorziati per l'approvazione dei bilanci. Per la giornata di mercoledì è fissato l'interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari.

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