Stefano Dal Corso morto in carcere, i medici legali: “Troppe cose non tornano”
Continua il mistero sulla morte di Stefano Dal Corso, detenuto romano da poco trasferito da Rebibbia nel carcere di Oristano, avvenuta il 12 ottobre 2022. Inizialmente valutata come suicidio, lo scorso ottobre sono state riaperte le indagini. Ci sono ancora troppe cose che non tornano. A dirlo, anche gli stessi medici legali. "Grave l'assenza di autopsia e di indagini anatomo-patoligiche – riporta il quotidiano Domani – Il sopralluogo è stato sommario, l'esame esterno approssimativo". Non esisterebbero neppure immagini del corpo sospeso: le uniche foto sono state scattate quando era già sdraiato e rivestito con vestiti che la famiglia non ha mai riconosciuto. I segni sul collo sono stati giudicati incompatibili con l'impiccagione (ma più simili a quelle di uno strangolamento) e l'ambiente in cui è stato ritrovato il corpo analizzato in maniera approfondita.
Dal Corso si sarebbe impiccato in cella alla grata della finestra utilizzando un pezzo di lenzuolo tagliato con un taglierino. Ma la finestra sarebbe situata troppo in basso e il letto della cella sarebbe stato trovato rifatto senza strappi fra le lenzuola. Nessuna telecamera di sorveglianza avrebbe ripreso quei momenti: non funzionavano. E a tutti questi punti oscuri si aggiungono anche le testimonianze di due detenuti e di un supertestimone.
Il supertestimone
"Gli ha rotto l'osso del collo con una spranga e due colpi di manganello". Queste le parole del supertestimone, un ufficiale esterno della polizia penitenziaria. Secondo lui, le cause sarebbero da rintracciare in un rapporto sessuale a cui avrebbe assistito Dal Corso. Quando è stato ucciso, a Dal Corso rimanevano appena poche settimane di carcere, un altro dato che potrebbe mettere in dubbio l'ipotesi del suicidio.
Le replica della famiglia
Dopo aver appreso queste nuove informazioni, non ha tardato ad arrivare a Fanpage.it la replica della sorella di Dal Corso. "Si parla di pestaggio, chiediamo che venga fatta l'autopsia". E poi aggiunge: "Oltre alle telecamere di sorveglianza non funzionava neanche la stampante: non esistono documenti ufficiali di quella giornata, se non quelli scritti a mano".
Una richiesta sottoscritta dall'avvocata Armida Decima, che difende la famiglia Dal Corso: "Dobbiamo accertare la credibilità della testimonianza, ma abbiamo subito inviato segnalazione in Procura: si tratterebbe di una persona che conosce bene le dinamiche interne al carcere".
Il secondo decesso
Ad aggiungersi a tutti questi dati, anche un secondo decesso avvenuto in carcere nello stesso periodo e con modalità simili. Di quest'altro suicidio, però, nessuno aveva mai parlato: anche nelle morti ufficiali avvenute nel carcere di Oristano del 2022 si farebbe riferimento, stando a quanto riportato dalla testata, soltanto a quella di Dal Corso. "Avremmo contattato la famiglia se lo avessimo saputo. Avremmo cercato di fare fronte comune", ha dichiarato la sorella appresa la notizia.