Slitta la riapertura di molte scuole, Rusconi: “Covid ha aggravato problemi che esistono da 20 anni”
Il Governo assicura che le scuole apriranno il 14 settembre, ma molte hanno già posticipato l'inizio. Mancano i banchi monoposto per garantire il distanziamento sociale, in alcuni istituti non sono arrivati i dispostivi di sicurezza (mascherine e gel disinfettanti) e non ci sono insegnanti a sufficienza. "Si inizierà a ranghi ridotti", spiega a Fanpage Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale presidi della Regione Lazio. "Il Covid-19 ha messo in luce problemi già esistenti", commenta Rusconi. "È una situazione che va avanti da 15-20 anni. Il meccanismo per reperire gli insegnanti fa acqua da tutte le parti e non si fanno concorsi. Prima del 2019, l’ultimo concorso per presidi risale a 8 anni fa. Ora ne verranno immessi 500 il primo settembre, ma siamo sempre sotto organico". E poi ci sono le aule sovraffollate.“Classi pollaio? Ci sono da almeno 10 anni, quando si è deciso di tagliare 8 miliardi di euro per la scuola. Da lì, meno insegnanti e quindi aule con più alunni: fino ad arrivare a 28 studenti per classe. Che oggi, con le regole del distanziamento, è impossibile sostenere".
Rusconi: "Edifici vecchi e troppe poche scuole"
Ma questi problemi sono solo la punta dell'iceberg. Tante scuole non apriranno il 14 settembre perché necessitano di interventi di manutenzione. "Chiedo ai partiti: negli ultimi 15 anni, quanti edifici scolastici sono stati costruiti? Si contano sulle dita di una mano. Il 56% degli edifici italiani sono precedenti agli anni '70, quando c’erano norme diverse per costruirli. E non mi interessa attaccare un partito in particolare, perché nel corso del tempo se ne sono succeduti di tutti i colori". Situazione diversa, invece, nelle altre Nazioni europee. "In Germania, dopo bombardamenti, hanno potuto costruire molto di più che da noi. Ma anche in Svezia e Danimarca hanno investito in misura maggiore sulle strutture scolastiche. Sono stato in Finlandia: e lì la situazione è nettamente migliore rispetto alla nostra. Anche in Romania. In questi Paesi hanno capito che il cervello degli studenti è il petrolio. Qui l’opinione pubblica non l’ha capito. E questo si ripercuote sulla politica, che fa gli interessi dell'opinione pubblica".