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“Siamo tanti, cattivi e calabresi”: la ‘ndrangheta al Laurentino 38 che gestiva le piazze di spaccio

Sono ventisette le persone arrestate a Laurentino 38 in un blitz degli specialisti del Gico del nucleo di polizia economico finanziaria di Roma. Ventuno sono in carcere, sei ai domiciliari.
A cura di Natascia Grbic
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Un gruppo ben organizzato, con solidi legami con la ‘ndrangheta e la capacità di rifornire le piazze di spaccio del Laurentino 38 – al V, VI, XI e XI Ponte – di un enorme quantitativo di hashish e cocaina. Sono ventisette le persone arrestate ieri in seguito alle indagini coordinate dalla direzione distrettuale antimafia ed eseguite dal Gico del nucleo di polizia economico finanziaria di Roma. Ventuno sono finite in carcere, sei ai domiciliari. Tra loro nomi non nuovi alle forze dell'ordine, che adesso devono rispondere – a vario titolo – di associazione per delinquere finalizzata all'acquisto, trasporto, consegna, detenzione, vendita, cessione e distribuzione illecita di sostanze stupefacenti.

"A Roma c'avemo una batteria che fa spavento, parte da Centocelle e arriva a Ostia, siamo tanti e cattivi, siamo calabresi… lavoriamo giù in Calabria e da là carichiamo sopra 50/60 pacchi al mese quelli che arrivano diretti dall'altra parte del mondo". Così parlava, non sapendo di essere intercettato, Rocco Iaria, detto ‘il Bestia', capo della piazza di spaccio messa su al Laurentino 38. Un'organizzazione familiare, proprio su modello di quelle della ‘ndrangheta, che vedeva coinvolti il fratello, la madre, lo zio, la zia e le cugine, oltre a una vasta rete di pusher assoldati con il compito di organizzare la vendita ai clienti di sostanze, soprattutto hashish e cocaina. Affari che toccavano punte di migliaia di euro al giorno, tutti poi reinseriti nel circuito criminale. "Famo tre sacchi al giorno, siamo una macchina da soldi", sempre loro, nelle varie intercettazioni.

Per non farsi scoprire, Iaria &co. parlavano naturalmente in codice, riferendosi alla droga come ‘la pizza, la stampante, le sigarette, un caffè'. Cocaina e hashish venivano spostati in genere o su dei taxi o da corrieri che usavano macchine di una piccola cooperativa, in modo da non farsi fermare dalle forze dell'ordine. Così non è andata: le indagini andavano avanti da tempo, e appena gli inquirenti hanno avuto in mano prove solide è scattato il blitz.

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