Sequestrati 460 milioni di euro di beni a Balini, imprenditore legato ai clan di Ostia e ai narcos

Un valore stimato di oltre 460 milioni di euro: l'ingente patrimonio di Mauro Balini, l'imprenditore ex presidente del Porto turistico di Roma, è passato ora definitivamente nelle mani dello Stato. I militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno dato esecuzione questa mattina a un decreto di confisca emesso dalla Corte di Appello e divenuto definitivo dopo la pronuncia della Corte di Cassazione, che ha dato il via libera alla confisca del patrimonio mobiliare e immobiliare. La prima confisca dei beni era già avvenuta nel 2019: Balini aveva provato a presentare un appello contro la decisione del Tribunale, ma la Cassazione si è pronunciata favorevolmente per l'acquisizione da parte dello Stato. I beni in possesso di Balini, è emerso dalle indagini, sono sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati, senza contare la loro provenienza, che non sarebbe frutto di onesto lavoro.
Mauro Balini, i rapporti con clan e narcotraffico
Mauro Balini è stato arrestato nel 2015 per associazione per delinquere finalizzata a fatti di bancarotta fraudolenta, riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita e intestazione fittizia di beni. Secondo le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia e delle fiamme gialle, Balini aveva accumulato un patrimonio enorme, pari a 460 milioni di euro, che non corrispondeva ai redditi dichiarati. Dalle indagini è emerso come Balini si avvalesse di prestanome compiacenti o di membri della sua famiglia per operazioni societarie e immobiliari compiute sempre con capitali di dubbia provenienza. L'inchiesta che ha portato all'arresto di Balini ha mostrato i consolidati rapporti dell'imprenditore con il clan Fasciani, con il clan Spada e con elementi di spicco del narcotraffico. L'imprenditore dava 5mila euro al mese alla moglie di Roberto Gordiani, boss del clan dei Fasciani. Il parcheggio del Porto turistico era inoltre affidato a un uomo degli Spada, mentre il bar di uno stabilimento sarebbe dovuto andare a una figura di spicco del narcotraffico sul litorale romano.