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Aggiornamenti sul caso Emanuela Orlandi

Commissione Orlandi, seduta secretata per il poliziotto che ha visto Emanuela con il ragazzo dell’Avon

Bruno Bosco, ricevuto in commissione d’inchiesta chiede la seduta secretata. All’epoca Sovrintendente capo della Polizia addetto alla sicurezza del Senato. Insieme ad un vigile avrebbe assistito all’incontro fra Emanuela Orlandi e quello conosciuto come “ragazzo dell’Avon”.
A cura di Beatrice Tominic
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Fin dai giorni successivi alla scomparsa di Emanuela Orlandi, ha sostenuto di aver visto una ragazzina corrispondente alla descrizione della quindicenne vaticana parlare con un uomo sulla trentina, con i capelli biondi e radi arrivato su una BMW verde chiaro.

Ora Bruno Bosco, all'epoca era Sovrintendente capo della Polizia addetto alla sicurezza del Senato, è chiamato a fornire la sua testimonianza alla commissione bicamerale d'inchiesta. Oggi, giovedì 24 ottobre, è stato ricevuto dalla commissione bicamerale d'inchiesta: una volta entrato davanti ai membri della commissione è stato lui a chiedere la segretazione completa della sua audizione e di non comparire nelle riprese video a circuito chiuso di Palazzo San Macuto.

Rimandate, invece, quelle di Alberto Laurenti, un altro allievo della scuola di musica frequentata da Emanuela, oggi musicista e l'avvocata Paola Chiovelli, che assiste la cugina di Katy Skerl.

Bruno Bosco: perché potrebbe essere una testimonianza chiave

Interrogato ad appena tre giorni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, Bruno Bosco rivela quanto ha visto all'agente del Sisde Giulio Gangi, morto nel 2022. Il poliziotto, in quel tragico 22 giugno 1983, si trovava per esigenze di lavoro, nella zona del Senato quando ha visto arrivare una BMW verde chiaro. L'auto si sarebbe fermata proprio davanti a Palazzo Madama, all'altezza del civico 5 e dal suo interno sarebbe sceso un uomo sulla trentina con i capelli radi e biondi.

Il trentenne, poi, si sarebbe avvicinato ad una ragazzina, la cui descrizione corrisponde con quella di Orlandi (in seguito spiegherà che a suo avviso si trattava sicuramente di Emanuela Orlandi), e le avrebbe mostrato un cofanetto verde militare con la lettera A sul coperchio contenente cosmetici. In una nuova deposizione, qualche giorno dopo, al posto del cofanetto parlerà di un tascapane.

La versione di Bosco e i punti in comune con le altre

Quella fornita da Bosco, oltre a combaciare con la versione secondo cui qualcuno avrebbe offerto ad Emanuela un ingaggio per la Avon, ha molti punti in comune con la testimonianza di un vigili urbano, anche lui nei pressi del Senato quel giorno, Alfredo Sambuco.

L'agente è morto da anni: un suo contributo, proprio come nel caso di monsignor Morandini morto qualche giorno fa, sarebbe stato utile, se non necessario alla ricostruzione da parte della commissione bicamerale. Sambuco è stata la prima persona sottoposta alle domande del fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, che la stava cercando ancora per le vie della capitale. Pietro era riuscito a risalire agli agenti in servizio il 22 giugno all'ora interessata. La versione fornita da Sambuco, però, è cambiata nel tempo.

Le versioni dell'agente Sambuco sul presunto incontro fra Emanuela e il ragazzo dell'Avon

Sottoposto per la prima volta alle domande di Pietro Orlandi, l'agente ha parlato di una ragazza che vedeva ogni giorno. Lunghi capelli neri, bassa di statura, camminava sempre con jeans e zainetto in spalla. Quel 22 giugno, però, l'aveva anche vista parlare con un uomo, forse un trentacinquenne, alto circa un metro e 80 e longilineo, biondo con capelli radi su tempi e fronte e con un viso allungato.

Emanuela Orlandi e l'identikit. Secondo alcuni potrebbe assomigliare allo zio, Mario Meneguzzi, ma i testimoni non lo hanno mai identificato come la persona che si trovava con la ragazzina prima della scomparsa.
Emanuela Orlandi e l'identikit. Secondo alcuni potrebbe assomigliare allo zio, Mario Meneguzzi, ma i testimoni non lo hanno mai identificato come la persona che si trovava con la ragazzina prima della scomparsa.

L'uomo era sceso dalla sua BMW scura lasciata in divieto di sosta: se lo ricordava perché si era avvicinato per redarguirlo. L'uomo aveva spiegato che avrebbe spostato subito la macchina, così non lo ha multato. Anche Sambuco ha notato che aveva con sé la borsa di Avon con prodotti cosmetici. Un dettaglio che, invece, è stato rimosso nella sua ultima deposizione, nel 2002. Cambiato anche il rapporto che aveva dimostrato avere con Emanuela (smentito dalla famiglia della ragazzina). Ha, infatti, dichiarato di aver accompagnato la ragazza a riparare una fodera dell'involucro del flauto in tappezzeria.

Lo zio di Emanuela Orlandi, Mario Meneguzzi a sinistra.
Lo zio di Emanuela Orlandi, Mario Meneguzzi a sinistra.

Chi è l'uomo della BMW verde: l'identikit

Dopo oltre 40 anni ci si continua ad interrogare sull'identità dell'uomo sceso dalla BMW (che nel corso delle deposizioni e in base ai testimoni sembra cambiare colore). Per cercare di fare chiarezza, è stato fornito un identikit che ne riproduce il volto. L'immagine, creata probabilmente seguendo la descrizione di Sambuco, è stata resa nota tempo dopo. In molti, in quel volto maschile, hanno visto lo zio di Emanuela, Mario Meneguzzi, dando credito alla pista che vede il coinvolgimento dei familiari, ancora battuta da alcuni (fra cui lo scrittore Pino Nicotri sostenuto a sua volta dal senatore Maurizio Gasparri).

Una pista contro la quale, dalla scorsa estate, si è scagliata la famiglia Orlandi. Plausibile, invece, secondo il fratello Pietro, la pista inglese, secondo la quale Emanuela sarebbe stata rapita, portata a Civitavecchia e da lì in Sardegna e, in un secondo momento, trasferita a Londra su quello che, secondo un testimone, potrebbe essere stato un volo dei servizi segreti su richiesta del Vaticano.

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