Santo Stefano e Ventotene, la commissaria Costa: “Abbiamo evitato che fondi andassero persi”
Gaetano De Monte
Commissaria Costa, due interrogazioni parlamentari presentate ad ottobre dalle parlamentari Loredana De Petris e Rossella Muroni hanno riferito che “tutti i soggetti istituzionali del tavolo hanno disatteso il loro mandato nel verificare che le decisioni assunte dal CIS rispettassero le leggi, provocando in tal modo gravi danni all'erario dello Stato attraverso l'autorizzazione di spese non ammissibili". Come replica a queste accuse?
Alle due interrogazioni parlamentari ha risposto il 28 febbraio u.s. il Ministro alla Transizione Ecologica Roberto Cingolani facendo chiarezza sulla piena legittimità dei provvedimenti espressi dall’Ente di gestione della Riserva Naturale Statale delle isole Ventotene e Santo Stefano in base alle seguenti considerazioni: che, in primo luogo, nelle more della designazione della Commissione di Riserva prevista dal decreto istitutivo della Riserva naturale statale “Isole di Ventotene e Santo Stefano”, ivi concepita come organo consultivo che esprime pareri obbligatori solo in alcuni casi e mai vincolanti (designazione avvenuta a febbraio del corrente anno anche su mio impulso) non va dimenticato che è stata operante la Commissione di Riserva dell’Area Marina Protetta “Isole di Ventotene e Santo Stefano”, che tutela lo specchio di mare contiguo alle due isole. E poi: il progetto non contrasta con gli artt.6 e 7 del decreto istitutivo della Riserva statale, perché prevede interventi su beni demaniali che non ne modificheranno in alcun modo superfici, volumi e prospetti e che, prima di essere realizzati, dovranno comunque essere approvati da tutte le Autorità competenti, ivi compresi il MITE e gli organismi di gestione della Riserva naturale e dell’Area Marina protetta. Non solo. L’unico intervento a tutt’oggi approvato e appaltato, quello di messa in sicurezza dell’ex carcere di Santo Stefano) non rientra nel perimetro delle attività soggette a parere della Commissione di Riserva in quanto si tratta di un intervento di manutenzione straordinaria, di restauro e di ristrutturazione edilizia, comunque già approvato in sede di conferenza di servizi dal Comune di Ventotene, anche nella sua qualità di Ente gestore della Riserva. Dunque, i soggetti istituzionali del Tavolo, ben lungi dal disattendere il loro mandato e dall’aver procurato “gravi danni all’erario”, hanno, al contrario, agito nell’interesse pubblico impegnando risorse statali attribuite al progetto già nel 2016 dal CIPE ed evitando che andassero in perenzione.
In tutti i casi, a quanto ammontano le cifre sostenute fino ad ora per l'avvio del progetto, cioè per la gestione della struttura commissariale. Mi pare che siano stati spesi e resi pubblici, fino ad ora, soltanto, 1 milione e mezzo di euro per la costruzione dell'eliporto, giusto?
Ad oggi gli impegni di spesa a valere sullo stanziamento CIPE ammontano a circa 20 milioni di euro, dei quali 1,3 milioni per la realizzazione dell’eliporto (impegno già assunto alla data della mia nomina del28/1/2020), 10 mln ca per i lavori di messa in sicurezza e la restante parte per compenso al soggetto attuatore, studio di fattibilità, indagini e rilievi, spese e premi inerenti al concorso internazionale di progettazione. All’intera struttura commissariale, composta dal Commissario e da sei esperti, è stato attribuito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri un compenso annuo lordo di 174 mila euro, incluse le spese di missione come si evince dal sito del Commissario.
Il progetto prevedeva una condizione necessaria, ovvero la costruzione del molo che, tuttavia ora è ancora sottoposta alla valutazione di impatto ambientale. Cioè è una procedura ancora in sospeso. E se non fosse approvata, cosa potrebbe accadere?
La realizzazione di un approdo sull’isola di Santo Stefano, oggi inesistente poiché lo sbarco è possibile solo saltando dalla barca ad una “banchina” rocciosa, è parte integrante del progetto di recupero e di accessibilità al bene ed è previsto tra le priorità nel CIS sottoscritto da tutte le Amministrazioni pubbliche coinvolte. Per questo fin dall’inizio del mio mandato, nel maggio del 2020, abbiamo costituito un gruppo di lavoro con tutti i soggetti competenti per materia e Invitalia ha proceduto alla progettazione di un approdo che consentisse lo sbarco in sicurezza per i visitatori, nel rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici. Il progetto è stato sottoposto alla VIA statale, notoriamente la procedura più impegnativa, trasparente e partecipativa. Dopo la prima consultazione pubblica, avvenuta tra i mesi di aprile e giugno 2021, la competente Direzione Generale del MITE ha richiesto ad INVITALIA ulteriori approfondimenti e dato specifiche prescrizioni per il prosieguo dell’istruttoria. Siamo quindi in attesa del provvedimento conclusivo della procedura di VIA, che verrà adottato dal MITE di concerto con il MIC. Mi auguro che si tratterà di una decisione saggia ed equilibrata.
Infine, le chiedo se non vi sia il rischio, che "abbattere i tempi burocratici a beneficio della necessaria celerità che l’opera impone", come lei stessa ha dichiarato di recente, significhi anche provocare un pregiudizio ambientale…
Credo di non essere la sola in Italia a chiedere di ridurre i “tempi burocratici”, non certo aggirando le procedure e le tutele, ma responsabilizzando tutti i soggetti al rispetto dei tempi previsti dal nostro cronoprogramma condiviso. Ricordo a tal proposito che la procedura VIA per legge non dovrebbe superare i 150 giorni, mentre qui siamo giunti a quasi un anno dall’inizio dell’iter (24 marzo 2021) e siamo ancora in attesa del provvedimento conclusivo. Ciononostante, in considerazione della complessità e della delicatezza di questo intervento, abbiamo sempre seguito una linea improntata all’ascolto durante le consultazioni pubbliche con la comunità di Ventotene e alla massima collaborazione istituzionale, senza forzature. Tutto ciò proprio nell’interesse del bene comune e della realizzazione del progetto affidatomi dal Governo. Mi resta una curiosità: se non ritiene invece che il gravissimo stato di degrado e abbandono per oltre mezzo secolo dell’ex carcere borbonico, con il suo alto significato storico e simbolico, non siano stati, questi sì, un danno al patrimonio storico, culturale e ambientale di Santo Stefano?