Rossella Nappini uccisa a Roma, lo zio: “Il fermato è un operaio, le aveva fatto dei lavori in casa”
"L'uomo fermato per l'omicidio di Rossella faceva l'operaio, lei e sua madre lo conoscevano, perché aveva fatto dei lavori in casa". Sono le parole degli zii dell'infermiera cinquantaduenne dell'ospedale San Filippo Neri uccisa a coltellate nel palazzo in via Giuseppe Allievo nel quartiere Trionfale a Roma lunedì 4 settembre. Testimonianze quelle raccolte finora tra le quali alcune colleghe di Rossella Nappini, che non lascerebbe più dubbio sul fatto che sia stato un femminicidio.
La relazione tra Rossella Nappini e il 45enne fermato per il suo omicidio
Tra Rossella e il quarantacinquenne fermato dalla polizia e portato nel carcere al Regina Coeli come riporta La Repubblica secondo quanto raccontato da alcune infermiere che conoscevano la vittima e con le quali quest'ultima si confidava c'era stata una relazione amorosa, che però Rossella aveva deciso di chiudere.
Colleghe alle quali Rossella avrebbe raccontato che subiva da lui stalking e violenze psicologiche. Se i sospetti venissero confermati e il killer fosse lui si tratterebbe di una dinamica ormai tragicamente nota: lei che vuole voltare pagina e ricominciare, lui che non lo accetta e la uccide. L'ennesima vittima di violenza di genere, l'ennesima donna uccisa per mano di un uomo. La posizione del quarantacinquenne è al vaglio dell'autorità giudiziaria.
L'ipotesi della dinamica del femminicidio di Rossella Nappini
Secondo quanto riporta sempre La Repubblica attraverso le testimonianze raccolte pare che il quarantacinquenne sia salito nell'abitazione in cui la donna viveva da tempo insieme a sua madre e che una volta sceso, le abbia teso un agguato con un coltello mentre stava scendendo di casa per fare la spesa, colpendola più volte e ferendola in diverse parti del corpo. Sulle cause del decesso farà ulteriormente luce l'autopsia.
L'arma del delitto tuttavia non è stata ancora ritrovata, gli investigatori cercano indizi nell'area circostante il palazzo e nei cassonetti della spazzatura. Ieri una donna ha raccontato ai giornalisti di aver udito un residente che ha sentito delle urla: "Dicevano aiuto, aiutatemi!". Alcuni vicini avrebbero raccontato di averli sentiti litigare. L'amministratore di condominio Paolo Tedesco ha spiegato di aver ricevuto una chiamata: "Mi hanno detto che nell'androne del palazzo c'era una pozza di sangue, quando sono arrivato c'era già la polizia".