Roberto Saviano racconta Mafia Capitale 10 anni dopo: “Il Mondo di Mezzo esiste ancora”

Il 2 dicembre 2014 Roma veniva sconvolta da 37 arresti di politici, imprenditori, manager e criminali: deflagrava l’inchiesta Mondo di Mezzo. Roberto Saviano racconta cosa rimane dieci anni dopo: “Quello che aveva iniziato a far intravedere Mafia Capitale era veramente molto pericoloso. Un luogo dove si incontrano politica, impresa e crimine organizzato, le tre forze che governano il Paese”.
A cura di Valerio Renzi
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"Il 2 dicembre del 2014 è un martedì. La Roma la sera prima ha pareggiato con l’Atalanta allo Stadio Olimpico. In panchina c’è Rudi Garcia, e Francesco Totti ha segnato su rigore. Un tiro fortissimo, centrale, che travolge il portiere. La sera la Lazio scenderà in campo contro il Napoli. Ma la mattina nei bar della città non si parla di campionato, classifica, non si sentono gli sfottò dei tifosi, il Corriere dello Sport rimane piegato sul tavolo: ovunque si parla solo del terremoto politico giudiziario che ha travolto come un uragano la città". Inizia così il racconto di Roberto Saviano negli studi di Fanpage.it, con il quale lo scrittore e giornalista ricorda la deflagrazione dell'inchiesta giudiziaria nota come Mondo di Mezzo.

Tutto inizia oggi, dieci anni fa. La mattina le agenzie poco prima delle sette battono la notizia: ci sono stati 37 arresti. Ci sono politici, imprenditori, manager, funzionari pubblici, criminali. Vengono perquisiti anche gli uffici e l'abitazione dell'ex sindaco Gianni Alemanno. L'esponente della destra sarà indagato in uno dei filoni dell’inchiesta per corruzione e finanziamento illecito. Condannato in primo grado a sei anni, in appello vedrà la pena ridotto a un anno e dieci mesi per un reato più lieve: traffico d’influenze.

Quando il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone indice una conferenza stampa tutta Italia ascolta quello che ha da dire. Ecco cosa dice:

A Roma non c'è un'unica organizzazione mafiosa a controllare la città. Ci sono diverse organizzazioni mafiose. Oggi abbiamo individuato quella che abbiamo chiamato Mafia Capitale, romana e originale, senza legami con altre organizzazioni meridionali, di cui però usa il metodo mafioso.

"Non la mafia a Roma, ma una mafia romana", spiega Saviano.

Si capisce subito che al centro dell'inchiesta ci sono due figure: Salvatore Buzzi e Massimo Carminati.

Così vengono ricostruite dall'autore di Gomorra:

"Buzzi è un ex detenuto modello. Era finito in carcere per omicidio. Era un bancario che sottraeva alla filiale dove lavorava alcuni assegni, che poi andava a farsi cambiare da un complice. Ed è proprio questo complice che a un certo punto lo ricatta. Buzzi lo ucciderà con oltre trenta coltellate. È il primo carcerato a laurearsi in carcere con 110 e lode in Lettere e Filosofia. Negli anni Ottanta è tra gli animatori del dibattito che porta alla Legge Gozzini, che dovrebbe finalmente applicare il principio del valore rieducativo della pena. Ancora in carcere fonda la Cooperativa 29 giugno, e nel 1994, anche per questo, riceve la grazia da Carlo Azeglio Ciampi".

Carminati invece…

…"è una figura quasi leggendaria del crimine organizzato. Neofascista dell’orbita dei NAR, è vicino allo stesso tempo alla Banda della Magliana: è lui il “Nero” di Romanzo Criminale di Giancarlo De Cataldo. A cavallo tra estremismo, eversione e criminalità organizzata, il suo nome torna costantemente in trame e misteri che si dipanano nell’età degli anni Ottanta e Novanta. Lo chiamano il ‘Cecato’. Ha perso un occhio nel 1981 quando la polizia spara sulla macchina sulla quale viaggia. Stava tentando di fuggire in Svizzera":

L'inchiesta mostra come i due, con numerosi complici, durante l'epoca dell'amministrazione Alemanno avevano messo le mani su una enorme quantità di affari, e come le due figure fossero complementari. "Il ras delle cooperative, che da ex detenuto è arrivato a guidare un piccolo impero, si occupa dei rapporti con la politica, l’ex terrorista nero ci mette il nome e il timore che incute". Appalti per il verde, il sociale, commesse di aziende municipalizzate, l’accoglienza dei migranti, la gestione dei campi rom: l'appetito di Buzzi e Carminati sembra insaziabile.

Come accade quasi sempre gli investigatori danno un nome all’operazione, un nome ispirato dalle indagini. E in questo caso il nome scelto dalla Procura di Roma è “Mondo di mezzo”, una teoria di Carminati che dalle intercettazioni dei Ros conosciamo anche noi dalle sue parole:

È la teoria del mondo di mezzo, compa'… Ci stanno, come si dice, i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo. E allora vuol dire che ci sta un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici “cazzo, com'è possibile che quello…”: le persone di quel tipo, di qualunque ceto, si incontrano tutte là e anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può fare nessuno.

"Il Mondo di mezzo è il regno di Buzzi e Carminati. Lì dove una mano lava l’altra, dove si concludono affari, dove si fanno cose che non si dicono, dove chi ha la faccia pulita incontra chi ha la fedina penale sporca", spiega ancora Saviano.

Quando cambia l'amministrazione, l'organizzazione, non si fa trovare impreparata: il 12 giugno 2013 Ignazio Marino viene proclamato sindaco e il centrosinistra torna a governare Roma, ma la macchina della corruzione si è già rimessa in moto. D'altronde hanno amici sia a destra che a sinistra, e hanno finanziato la campagna elettorale di tutti, a destra come a sinistra. Dopo i primi arresti ne arrivano altri, la slavina sembra non fermarsi più.

"Sono poche le indagini che hanno avuto un impatto così profondo sull’immaginario collettivo e sul dibattito pubblico come quella su Mafia Capitale. – ricorda Saviano – La politica dei partiti ne esce a pezzi, da destra a sinistra. L’immagine che ne esce è quella di comitati di affari, di forze politiche governate da correnti e capi bastone che fanno solo i loro interessi, non di certo il bene comune. Per tanti versi sarà proprio il clima di questa inchiesta a favorire l’ulteriore ascesa del Movimento 5 Stelle".

Ma sarà in alcuni casi la politica a strumentalizzare l’inchiesta. Ad esempio In un’intercettazione è Buzzi a dire che “con gli immigrati si fanno più soldi che con la droga”. "Non è vero ovviamente, la droga è il business più grande che ci sia al mondo, e Roma è una delle più grandi piazze di spaccio. Una panzana ripetuta centinaia di migliaia di volte dalla destra nei mesi e negli anni successivi per prendersela con il sistema d’accoglienza dei migranti in blocco, spargere odio e propaganda".

Le conseguenze dell'inchiesta però non riguarderanno solo la politica, ma anche la stessa immagine di Roma. Una città "che si guarda allo specchio e non si riconosce, perché per troppo tempo ha fatto finta di non vedere".  È l’immagine di una "città corrotta e dove non funziona più niente: la raccolta dei rifiuti quanto lo sfalcio del verde, dove gli autobus prendono fuoco e il malcostume è la regola. Un’immagine forse ingenerosa ma che, dieci anni dopo, la capitale ancora fatica a scrollarsi di dosso alla vigilia del Giubileo".

Alla fine i giudizi in Cassazione stabiliranno in via definitiva che Mafia Capitale non è mafia. Nel 2019 cade l'aggravante di 416 bis, e le pene vengono ricalcolate. Una decisione che sembra sia bastato a molti per "assolvere tutto e tutti". "Era “semplice” corruzione, crimini da colletti bianchi, è tutto apposto. Ma perché mafia capitale non era mafia? Non perché non ci fossero la coppola o la lupara, i santini o i rituali di affiliazione. Per essere tale un sodalizio criminale di tipo mafioso deve potersi avvalere del potere di intimidazione derivato dalla “pubblicità” della sua esistenza, anche senza esercitarlo. Insomma tu fai un favore a me perché sai che sono mafioso, anche se io non lo dico, anche se non ti minaccio, anche se non esercito violenza. Nel caso del gruppo di Buzzi e Carminati però gli interlocutori non sarebbero stati a conoscenza del potere del gruppo criminale o della sua esistenza, che sarebbe stato svelato dall’inchiesta stessa".

Mafia Capitale non era mafia, ma nel frattempo però le mafie a Roma continuano a fatturare miliardi. Sono ovunque. Governano interi quartieri con lo spaccio. Riciclano montagne di soldi in ogni settore: ristoranti, negozi, hotel. Prendono casa nella capitale anche perché qui si parla con la politica. E mafia capitale in qualche modo ha tracciato un solco rispetto al quale non si torna più indietro. Sono diverse le sentenze che hanno riconosciuto la presenza di mafie romane e originali, ovvero non gemmate da organizzazioni del Sud Italia, come ad esempio i Casamonica".

Conclude Saviano ricordando quanto accaduto dieci anni fa con gli occhi di oggi: "Si tende ad archiviare Mafia Capitale. Non spendo questa parola in senso giudiziario, ma in senso culturale e politico. Perché quello che aveva iniziato a far intravedere era veramente molto pericoloso. Un luogo dove si incontrano politica, impresa e crimine organizzato, le tre forze che governano il Paese. E, anche se può fare specie vedere Carminati cittadino libero per Roma. Ma la sua prudenza nel non entrare negli affari del narcotraffico, alla fine l'ha tutelato per non essere ascritto alle organizzazioni criminali mafiose. Ma cosa rimane di Mafia Capitale? Rimane come una feritoia nella storia italiana contemporanea, da cui è possibile vedere l'orrore. E chi non guarda attraverso la feritoia di Mafia Capitale non riuscirà mai a conoscere l'Italia".

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