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Rivolta nel carcere di Velletri, materassi incendiati e telecamere distrutte: la protesta durata ore

Rivolta nel carcere di Velletri, dove i detenuti del reparto D si sono rifiutati di rientrare nelle celle, incendiando materassi e distruggendo telecamere di videosorveglianza.
A cura di Natascia Grbic
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Rivolta ieri nel carcere di Velletri, dove alcuni detenuti si sono rifiutati di rientrare nelle celle nel pomeriggio, incendiando materassi e distruggendo telecamere di sorveglianza. Una protesta andata avanti per ore, tanto che sono dovuti intervenire dei negoziatori per provare a riportare la calma, senza successo. Alla fine nel penitenziario sono dovute intervenire le forze dell'ordine in assetto antisommossa: polizia, carabinieri e il Gruppo operativo mobile della Penitenziaria sono entrati nel reparto D, dove si è sviluppata la rivolta, e hanno fatto rientrare i detenuti delle celle. Adesso si farà la conta dei danni, che sembrano essere ingenti. La protesta, nel pomeriggio, si è estesa anche nel carcere romano di Regina Coeli, dove 300 detenuti si sono rifiutati di tornare nelle celle.

"Nel carcere di Velletri ci sono oltre 180 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare, tra le motivazioni della protesta il sovraffollamento non è da escludere. Ma anche le alte temperature di questi giorni. Lo avevamo annunciato che questo sarebbe stato un periodo molto critico", ha dichiarato Massimo Costantino, segretario generale della Fns Cisl Lazio. Il sindacato esprime preoccupazione "per quanto in questi giorni si sta verificando nelle carceri di Rieti e oggi Velletri, per le gravità di ciò che sta accadendo che vede il personale di polizia penitenziaria fortemente depauperato in dette sedi dove la carenza di personale è cronica e non bastano le unità pochissimo arrivate a rimpinguare il turn-over, stessa problematica peraltro riscontrata anche per il personale dei vigili del fuoco che operano sul territorio di Roma e provincia".

Per Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria, "le carceri sono un inferno, ben al di là delle condizioni climatiche di questi giorni, e lo sono sia per i detenuti sia per la Polizia penitenziaria, che al di là della propaganda, continua a essere abbandonata a se stessa e disorganizzata mentre si discetta di improbabili Gruppi di Intervento Operativo, solo sulla carta, e comunque addirittura dannosi in questa situazione. Se non si adotteranno misure immediate e realmente efficaci, temiamo che in autunno ritroveremo solo macerie a ricoprire cadaveri. Il Governo ponga fine e alle chiacchiere e vari misure veramente incisive per fronteggiare un'emergenza senza precedenti negli ultimi 25 anni".

Donato Capece, segretario generale del Sappe, ha dichiarato che "il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria non si fa prendere per il naso da chi oggi pensa di avere scoperto l'acqua calda e i problemi carcerari sollecitando improbabili indulti e leggi svuota carceri, mentre per mesi ed anni non hanno detto una parola sui provvedimenti delle varie maggioranze politiche di ogni colore al Governo che, nel tempo, hanno destabilizzato il sistema e destrutturato la sicurezza nelle carceri". Per Capece, a destabilizzare il sistema carcerario, è stata "l'eliminazione della sanità penitenziaria che consentiva una gestione ‘interna': aver ricondotto tutto sotto la gestione della sanità pubblica e delle Ausl ha determinato notevoli disservizi e incapacità di avere una adeguata gestione interna. Poi, l'introduzione di vigilanza dinamica e celle aperte, modello organizzativo seguito alla ormai famosa sentenza Torreggiani, che ha sostanzialmente consegnato le carceri ai detenuti. Infine, la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, Opg, con la relativa istituzione delle Rems, i cui posti sono assolutamente insufficienti, ma a volte, anche laddove ci sono, quando si tratta di malati molto gravi, sembra che nessuno voglia farsene carico".

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