Rivolta a Rebibbia per paura del contagio, 55 detenuti rischiano il processo per fatti del 9 marzo
Cinquantacinque detenuti rischiano il processo per i fatti avvenuti all'interno del carcere romano di Rebibbia lo scorso 9 marzo. Le indagini sulla rivolta scoppiata dentro l'istituto penitenziario sono state condotte dai pm Eugenio Albamonte e Francesco Cascini e sono terminate in queste ore. I reati contestati sono quelli di devastazione, saccheggio, incendio, danneggiamento, rapina e sequestro di persona. I responsabili sono stati individuati grazie alle immagini registrate dalle telecamere di sicurezza. "Che debbano essere penalmente censurate le gravi rivolte che si sono verificate nel marzo scorso è un dato di fatto e speriamo che non manchi in nessun caso la risposta dello Stato anche alle infamanti accuse di maltrattamento e addirittura di tortura rivolte nei confronti dell'operato della polizia penitenziaria intervenuta per ripristinare l'ordine, la sicurezza e la legalità nelle carceri", la nota diffusa dall'Unione Sindacati di Polizia penitenziaria.
La rivolta a Rebibbia per paura del contagio
La protesta è scoppiata il 9 marzo: la rabbia è esplosa in seguito al decreto del governo con il quale venivano sospese le visite dei parenti in carcere. I detenuti, inoltre, hanno chiesto misure per tutelare la loro salute, temendo che la pandemia da coronavirus si propagasse anche all'interno degli istituti penitenziari italiani. "Dentro si trovano molti malati. La polizia penitenziaria ha i guanti e le mascherine mentre noi e i nostri cari niente. Dove sta Bonafede? Dove sta il Governo?", le ragioni dei detenuti. Tra l'8 e il 9 marzo scorsi, nel pieno del periodo più complicato nella gestione dell'emergenza Covid-19 nel nostro Paese, sono scoppiate rivolte all'interno di molte carceri italiane.