Ritrovato Giuseppe Maravigna, la figlia: “Ha percorso 115 chilometri in un giorno”

Giuseppe Maravigna è stato ritrovato il 3 dicembre in zona Fiera di Roma. Ad annunciarlo sua figlia Deborah, che finalmente ha potuto riabbracciarlo sano e salvo, dopo quattro giorni di ricerche senza sosta: "Ci hanno appena telefonato dall' Ospedale di Ostia, papà é stato ritrovato sulla linee ferroviaria Roma-Fiumicino". La famiglia a fine novembre ne aveva denunciato la scomparsa dalla clinica Villa Immacolata a San Martino al Cimino, in provincia di Viterbo, chiedendo a chiunque l'avesse visto di rivolgersi direttamente alle forze dell'ordine e si è anche rivolta alla trasmissione televisiva ‘Chi l'ha visto?' in onda su Rai3. A riconoscere l'uomo tramite gli appelli lanciati in televisione e sui social network sono stati i medici dell'ospedale G.B. Grassi di Ostia, che lo hanno assistito e dove Giuseppe si trovava ricoverato.
"Mio padre ha percorso 115 chilometri in un giorno"
"Mio padre è scomparso il 28 novembre ed è arrivato al pronto soccorso la sera del 29. Non so come sia stato possibile, ma sembrerebbe che in 24 ore abbia percorso 115 chilometri. È sorprendente. Ancora non riesco a capire come abbia fatto" ha detto la figlia Deborah, spiegando che il padre era un gran camminatore. In un filmato alla redazione di ‘Chi l'ha visto?' ha raccontato: "Ora papà è qui con me, adesso stiamo a casa e stiamo cercando di tornare alla nostra routine. Non è facile, ma ci stiamo riuscendo".
Giuseppe scappato da San Martino al Cimino e ritrovato a Fiera di Roma
Il ritrovamento di Giuseppe ha sorpreso i suoi famigliari, che credevano di ritrovarlo nel Viterbese. In realtà l'uomo è riuscito in un solo giorno a raggiungere Roma. Del settantunenne se ne erano perse le tracce quando si è allontanato in serata dalla clinica nella quale si trovava ricoverato per seguire una percorso di riabilitazione, a seguito di un ictus. Qualche ora dopo la sua valigia è stata rinvenuta poco distante dalla struttura, ma di lui nessuna traccia. Ciò ha fatto temere il peggio ai famigliari, poi, finalmente, il lieto fine.