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Rilevatori Istat in rivolta: “Un taglio del 30% di stipendio, che ci facciamo con 600 euro al mese?”

A rischio non solo i diritti e i salari dei rilevatori Istat, ma anche la qualità della raccolta dati. “Con una paga decurtata del 30%, in media andremo a prendere al mese sui 1050 euro. Se togliamo le spese vive, che ammontano circa a 400 euro al mese, cosa ci rimane?”.
A cura di Natascia Grbic
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Una manifestazione dei rilevatori Istat
Una manifestazione dei rilevatori Istat

"Ci hanno definiti il fiore all'occhiello di Istat. Adesso siamo trattati come merce di scarto. Siamo delusi, amareggiati, rammaricati. Con una paga decurtata del 30%, in media andremo a prendere al mese sui 1050 euro. Se togliamo le spese vive, che ammontano circa a 400 euro al mese, cosa ci rimane? Una miseria. Fate un po' i conti anche voi per vedere se vi sembra un trattamento dignitoso". È piena di rabbia e di amarezza la voce di Vanessa, storica rilevatrice Istat, mentre racconta la sorte di 400 rilevatori che, come lei, per anni hanno portato avanti indagini fondamentali per l'Istituto nazionale di statistica. Sono loro che intervistano le famiglie residenti sul territorio nazionale, sottoponendo questionari fondamentali per le politiche governative del Paese. La loro è una storia specchio del mondo lavorativo in Italia. Prima dipendenti di Istat con co.co.co, poi esternalizzati e pagati a cottimo, con uno stipendio che dal 2011 non si è mai adeguato all'inflazione. Adesso l'appalto per le rilevazioni è stato vinto da una nuova società, la Csa. Le condizioni proposte ai rilevatori però, sono state giudicate irricevibili dagli stessi e dai sindacati. "Lo abbiamo detto in sede d'incontro, ma non c'è stato nessun margine di contrattazione sul salario – continua Vanessa – A queste condizioni ho deciso di non firmare. Ho una mia dignità e una mia professionalità".

Nonostante le numerose manifestazioni, scioperi, e anche un blitz alla Conferenza nazionale di statistica lo scorso 3 luglio, al momento per loro non è stata ancora trovata una soluzione. "Il nostro lavoro viene celebrato anche in eventi importanti come la Conferenza nazionale, ma poi nella pratica sembra che a Istat non interessino le nostre reali condizioni di lavoro".

Sono circa cinquanta i lavoratori che hanno deciso di non firmare il contratto. In tutta Italia la rete conta 400 rilevatori, divisi in modo tale da coprire tutto il territorio nazionale. "Il fatto che in diversi abbiamo deciso di non accettare le condizioni di Csa pone ovviamente dei problemi sulla copertura delle indagini – continua Vanessa – Quando ho fatto notare che avremmo dovuto avere un trattamento economico adeguato perché siamo figure altamente specializzate, mi è stato risposto ‘la professionalità si crea'. Non so se formeranno qualcuno in poco tempo e quali saranno le modalità di lavoro, anche quelle non ci sono state comunicate. So però che ne va della credibilità delle rilevazioni e di conseguenza dell'Istat, dato che sulle nostre indagini si basano in parte le politiche economiche e sociali dell'Italia".

"Ci hanno proposto un contratto di tre mesi a fronte di un contratto di appalto di tre anni, con una riduzione del compenso pari al 30%. Già stiamo con un 37% in meno rispetto all'inflazione del 2011, come possiamo sopravvivere così? Uno stipendio irrisorio a fronte delle spese che dobbiamo affrontare. Di media un rilevatore fa anche 300 chilometri in un giorno: dobbiamo pagare la benzina, le spese di manutenzione della macchina che usata così tanto si usura moltissimo. Noi non abbiamo i numeri di telefono delle famiglie che dobbiamo intervistare per le rilevazioni, andiamo a casa e suoniamo al campanello. Non capita di rado che non ci sia nessuno, in quel caso abbiamo fatto un viaggio a vuoto per il quale non siamo pagati, a parte un rimborso spese irrisorio che Csa vuole portare a nove euro per le prime interviste e sei euro per le seconde. Prima questa spesa era di diciotto euro, per noi è fondamentale avere un rimborso se non riusciamo a fare l'intervista".

I sindacati: "Istat deve internalizzare i rilevatori"

A denunciare le condizioni contrattuali proposte ai rilevatori sono anche i sindacati, che da tempo ne chiedono l'internalizzazione. "La questione dell'esternalizzazione riguarda sia la qualità dei dati, e quindi la mission principale dell'Istat, sia i diritti delle persone – spiega Alberto Violante, del sindacato Clasp – Questa è stata una scelta sbagliata fatta più di dieci anni fa in un clima di ridimensionamento del pubblico e che va ripensata: è evidente che il mercato si è rivelato incapace non solo di pagare delle retribuzioni dignitose, ma anche di offrire servizi di livello per la statistica. Noi chiediamo che la ditta vincitrice paghi fino in fondo le eventuali inadempienze e che il tempo che rimane da qui alla scadenza degli appalti delle prossime indagini continue sia impegnato a programmare la reinternalizzzione dei rilevatori storici dell'Istat. Aspettiamo che il nuovo presidente dell'Istat, Francesco Maria Chelli, si pronunci sulla questione, che è urgente",

"Creare questa rete di rilevatori in Italia è stato molto complicato – spiega Lorenzo Cassata, sindacalista Flc Cgil – soprattutto perché non ne esiste una uguale in grado di coprire il territorio in modo così capillare. Quando il servizio è stato esternalizzato ci siamo immediatamente opposti a livello sindacale e giudiziario, e oggi siamo ancora più convinti sia una scelta che vada assolutamente ripensata". Quello che è successo adesso con il passaggio a una nuova società, continua Cassata, "non è solo una perdita in termini di diritti e di salari, ma anche di qualità del lavoro. Alcuni lavoratori non hanno firmato il contratto, e questo procurerà molto probabilmente dei problemi alla rilevazione. Ciò che rende unica questa rete è proprio la sua distribuzione territoriale: avere 350 lavoratori sul campo invece di 400 vuol dire che probabilmente delle zone non saranno coperte a dovere, e questo è un problema. Ci aspettiamo sicuramente dei ritardi, probabilmente una qualità peggiore rispetto a quella garantita fino ad adesso". Dal 30 maggio il nuovo presidente dell'Istat è Francesco Maria Chelli. "Auspichiamo – conclude Cassata – di poter avviare un'interlocuzione proficua con la nuova amministrazione al fine di rimettere sul piatto l'internalizzazione dei rilevatori".

Maiorino (M5S): "Non si può chiedere a lavoratori di perdere parte del salario"

"Sarebbe stato opportuno salvaguardare le competenze acquisite: quello dei rilevatori è un ruolo molto delicato, non si può chiedere loro di perdere una parte consistente del proprio salario", commenta la senatrice del Movimento 5 Stelle Alessandra Maiorino, che da tempo segue la vertenza dei rilevatori Istat. "Il fatto che Consip abbia scelto per l'appalto una ditta che non tutela i compensi dei lavoratori è un aspetto critico che denunciamo con forza" aggiunge Maiorino, spiegando che la vicenda "è complessa e parte da lontano", e "oggi raccogliamo i frutti di non aver avuto un occhio attento per i lavoratori e le lavoratrici dell'Istat. Si tratta di una situazione spiacevole e delicata: le competenze sono essenziali affinché le rilevazioni demoscopiche siano fatte in maniera accurata e penso che bisognerà rivedere la gestione nelle gare d' appalto Consip. L'Istat va salvaguardato, non indebolito: le disuguaglianze sono aumentate negli ultimi anni, ed è necessario fare più rilevazioni, in modo da fornire strumenti di intervento al decisore politico. Le statistiche sono fondamentali per capire dove agire, che se ne facciano di meno non può accadere. Auspico che questi lavoratori persi possano essere recuperati, consentendogli di tornare sul campo".

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