Ridotta in schiavitù a 15 anni: costretta a prostituirsi con 450 clienti dalle amiche di famiglia

Una ragazza di quindici anni era ridotta in schiavitù, costretta a prostituirsi da due sorelle amiche di famiglia. Si tratta di due donne sulla trentina, difese dall'avvocato Massimo Titi, che i giudici della quinta sezione collegiale del Tribunale di Roma hanno condannato a sette e sei anni di reclusione, con l'accusa di prostituzione minorile. Sono stati invece assolti per mancanza di prove nove persone considerate dall'accusa clienti, che erano finite a processo. A condurre le indagini sono stati gli agenti della Polizia di Stato del Commissariato di Torpignattara coordinate dalla Procura, che hanno trovato online le foto della ragazza e hanno dato il via alle indagini. Per il legale della difesa come riporta Il Messaggero si tratta di "una sentenza assurda. Non c'è stato sfruttamento, perché la giovane è venuta in Italia sapendo che si sarebbe prostituita, nessuno l'ha costretta".
Smartphone in vivavoce durante i rapporti
I fatti risalgono a sei anni fa, quando le due donne, amiche di famiglia, hanno aiutato l'adolescente ad arrivare in Italia dalla Romania, dicendole che avevano un lavoro per lei, grazie al quale avrebbe potuto mandare soldi a casa, per aiutare i genitori. Com'è emerso in sede d'indagine, la ragazza era arrivata a Roma nel 2016 con la promessa che avrebbe fatto la babysitter, ma l'hanno costretta a prostituirsi, incontrando in pochi mesi circa 450 uomini. La ragazza si trovava in un appartamento in affitto in zona Casilina e incontrava circa cinque clienti al giorno. Le due donne infatti l'avevano ridotta in schiavitù, costringendola ad avere rapporti sessuali a pagamento con persone che trovavano online. Inoltre l'avevano sottoposta ad un continuo controllo, mentre accoglieva i clienti si nascondevano nell'armadio e la costringevano a tenere lo smartphone in vivavoce durante i rapporti.
I poliziotti si sono finti clienti e hanno scoperto il giro di prostituzione
A portare alla luce la vicenda sono stati i poliziotti, che hanno notato le sue foto online. Una bacheca d'incontro mostrava le sue foto in biancheria intima, con il volto oscurato. Fingendosi clienti interessati ad avere un rapporto sessuale con lei si sono appostati sotto all'abitazione e sono riusciti a fissare un incontro. Una volta all'interno dell'appartamento hanno trovato profilattici e biancheria intima. Nell'abitazione c'erano anche le due sorelle e la madre della ragazza, che l'aveva raggiunta in Italia per andarla a trovare, ma che non sapeva nulla di ciò che stava passando sua figlia. Le due donne sono state arrestate e finite a processo, poi condannate.